Porti, no alla deregulation del lavoro
Il settore dei porti e quello marittimo, sia pure tra grandi difficoltà, non è stato devastato dalla gravissima crisi economica di questi anni. Alla luce dei provvedimenti di riforma del settore e dei disegni di legge che stanno preparando i ministeri dei Trasporti e dello Sviluppo economico, sottolineiamo la necessità di una riforma e una riorganizzazione capaci di creare le condizioni per attrarre investimenti, migliorare i servizi e generare buona occupazione.
Se mettiamo insieme, invece, quanto i due ministeri stanno progettando e scrivendo i due ministeri con i rispettivi comitati scirntifici, probabilmente uno all’insaputa dell’altro, non emerge la volontà di riformare, ma semplicemente quella di avere uno spazio nel quale le regole, la sicurezza nelle attività e i diritti del lavoro siano man mano drasticamente ridotti.
Il sindacato è stato tenuto fuori dai luoghi di elaborazione e non a caso il Mise sta emendando un disegno di legge che, che semplicemente abrogando norme, mette a rischio le attività tecnico-nautiche, tra cui ormeggio, rimorchiatori e pilotaggio, coinvolte in interventi di elevatissima capacità in occasione degli ultimi naufragi, che non possono essere considerate alla stregua di una normale attività economica.
Nei porti devono essere autorizzate ad operare imprese, indipendentemente dalla forma giuridica, che abbiano tutti i requisiti di competenza e professionalità necessarie. Sono infatti i luoghi di lavoro più pericolosi, dove la tutela della sicurezza e della professionalità di chi opera sono un’assoluta priorità. Se si pensa, invece, che i porti dovranno diventare un luogo deregolamentato nel quale chiunque potrà operare, si va incontro ad un Far West che non danneggia solo il lavoro, ma l’insieme delle attività e delle stesse imprese. Non è così che si crea sviluppo: così si distruggono imprese e lavoro, e anziché riformare il settore lo si mette dentro un’instabilità di cui nessuno sente la necessità.
I porti del Friuli V. Giulia, a cominciare da quello di Trieste, non hanno bisogno di deregolamentazione ulteriore, ma di essere componenti essenziali di una rete infrastrutturale moderna ed efficiente (costruzione di nuove banchine, piattaforme logistiche, adeguamento dei fondali, potenziamento della rete ferroviaria) e regole condivise. Bisogna quindi fermare il ddl del Mise e porre finme a questo agire scoordinato tra i ministeri. Tutto questo per varare una politica di riforma che guardi alle necessità del paese, dei porti e della logistica, senza deformazioni ideologiche che, laddove attuate senza regole, vedi gli aeroporti, hanno prodotto solo imprese in crisi strutturale e precarizzazione del lavoro.
Valentino Lorelli, segretario generale Filt-Cgil Fvg