Enti locale, sì alla riforma ma senza neocentralismi
La specialità resta una risorsa fondamentale per lo sviluppo del Friuli Venezia Giulia, anche se sono mutate le ragioni geopolitiche, economiche e culturali sulle quali si basa. E’ quindi uno strumento da difendere e da rilanciare, riempiendolo di nuovi contenuti e trasformando le riforme in atto, a partire da quella delle autonomie locali, un’occasione vera di autogoverno e di efficientamento della macchina burocratica regionale.
Questo l’appello condiviso lanciato dal segretario della Cgil Fvg Franco Belci e dal presidente di Confindustria Udine Matteo Tonon nel corso di una tavola rotonda su riforme e spacialità regionale tenutasi questa mattina nella sede della Camera del Lavoro di Udine, alla presenza della costituzionalista Elena D’Orlando, componente della commissione paritetica Stato-Regione. Al centro del dibattito, oltre al ruolo della specialità, anche una riflessione sull’azione riformatrice della Giunta regionale e in particolare le difficoltà che stanno rallendando il disegno di legge Panontin sul riassetto della autonomie locali. Difficoltà che, per Belci, «sono l’effetto da un lato di un’impostazione eccessivamente centralista da parte della Regione, anche nell’organizzazione del personale, dall’altro di resistenze di campanile che hanno complicato ulteriormente il confronto».
Se una riforma era necessaria, come affermano sia Cgil che Confindustria, in questa fase è difficile intravedere sbocchi positivi per il percorso avviato e «bisogna trovare il coraggio – ha dichiarato Tonon – di rimettere mano alla riforma e a modificare, se questo si renderà necessario, le Uti come queste sono state inizialmente disegnate». Quanto al ruolo che può svolgere nell’ambito del processo riformatore il comporto unico, visto da molti più come un fattore di aumento dei costi che di efficientamento della macchina amministrativa, secondo Belci le responsabilità vanno cercate sul fronte istituzionale, che ha rinunciato a cercare soluzioni innovative sul fronte dell’organizzazione degli uffici, dell’efficientamento della burocrazia e della mobilità del personale.
Quella della specialità regionale, in ogni caso, è sicuramente una strada in salita, anche per l’ampiezza del fronte che in seno alla maggioranza nazionale punta il dito contro i «privilegi» delle Regioni speciali, «in un quadro nel quale il doppio ruolo della nostra Presidente – ha detto Belci – può rappresentare un problema in più». La storia però dice che si tratta di una partita da giocare in attacco, rivendicando quelle competenze che la nostra Regione e i sindaci seppero svolgere in occasione della ricostruzione dopo il sisma del 1976, come ricordato nella sua relazione introduttiva da Gino Dorigo, storico leader della Cgil friulana e oggi rappresentante del Sindacato pensionati. Ma partendo dalla consapevolezza, ha sottolineato nel suo intervento conclusivo il segretario della Cgil Udine Villam Pezzetta, «che la specialità non è un fine ma un mezzo e richiede scelte responsabili sia sul fronte politico e istituzionale, sia da parte del tessuto sociale ed economico».
Questo l’appello condiviso lanciato dal segretario della Cgil Fvg Franco Belci e dal presidente di Confindustria Udine Matteo Tonon nel corso di una tavola rotonda su riforme e spacialità regionale tenutasi questa mattina nella sede della Camera del Lavoro di Udine, alla presenza della costituzionalista Elena D’Orlando, componente della commissione paritetica Stato-Regione. Al centro del dibattito, oltre al ruolo della specialità, anche una riflessione sull’azione riformatrice della Giunta regionale e in particolare le difficoltà che stanno rallendando il disegno di legge Panontin sul riassetto della autonomie locali. Difficoltà che, per Belci, «sono l’effetto da un lato di un’impostazione eccessivamente centralista da parte della Regione, anche nell’organizzazione del personale, dall’altro di resistenze di campanile che hanno complicato ulteriormente il confronto».
Se una riforma era necessaria, come affermano sia Cgil che Confindustria, in questa fase è difficile intravedere sbocchi positivi per il percorso avviato e «bisogna trovare il coraggio – ha dichiarato Tonon – di rimettere mano alla riforma e a modificare, se questo si renderà necessario, le Uti come queste sono state inizialmente disegnate». Quanto al ruolo che può svolgere nell’ambito del processo riformatore il comporto unico, visto da molti più come un fattore di aumento dei costi che di efficientamento della macchina amministrativa, secondo Belci le responsabilità vanno cercate sul fronte istituzionale, che ha rinunciato a cercare soluzioni innovative sul fronte dell’organizzazione degli uffici, dell’efficientamento della burocrazia e della mobilità del personale.
Quella della specialità regionale, in ogni caso, è sicuramente una strada in salita, anche per l’ampiezza del fronte che in seno alla maggioranza nazionale punta il dito contro i «privilegi» delle Regioni speciali, «in un quadro nel quale il doppio ruolo della nostra Presidente – ha detto Belci – può rappresentare un problema in più». La storia però dice che si tratta di una partita da giocare in attacco, rivendicando quelle competenze che la nostra Regione e i sindaci seppero svolgere in occasione della ricostruzione dopo il sisma del 1976, come ricordato nella sua relazione introduttiva da Gino Dorigo, storico leader della Cgil friulana e oggi rappresentante del Sindacato pensionati. Ma partendo dalla consapevolezza, ha sottolineato nel suo intervento conclusivo il segretario della Cgil Udine Villam Pezzetta, «che la specialità non è un fine ma un mezzo e richiede scelte responsabili sia sul fronte politico e istituzionale, sia da parte del tessuto sociale ed economico».