Ronchi, dietro al dissesto gli errori delle passate gestioni

Che la situazione dell’aeroporto
di Ronchi non fosse facile lo avevamo presente già da tempo, tant’è vero che da
anni sosteniamo che c’è bisogno di interventi importanti, alcuni dei quali presenti
solo ora nell’agenda della dirigenza. Quelle cose che forse avrebbero
consentito di evitare il dissesto, attribuito in buona parte e troppo
genericamente a un aumento del costo del personale. Se si fossero realizzate
quelle infrastrutture di cui un aeroporto ha grande necessità come il polo
intermodale, connettore con le altre modalità di trasporto, strada e ferrovia,
se si fossero sviluppate le attività “non aviation” e una politica commerciale
e tariffaria degna di questo nome adesso parleremmo di altro, ma come spesso ci
capita non siamo stati ascoltati.
Sull’aumento del 30% del costo
del lavoro bisogna intendersi: se comprende le paghe e le liquidazioni dei dirigenti
della passata gestione, che guadagnavano più del presidente degli Usa, è
verosimile. Se non è così i conti non tornano: gli aumenti delle retribuzioni
riferiti ai contratti nazionali sono in linea con l’inflazione, mentre quelli
derivanti dalla contrattazione aziendale sono rimasti praticamente fermi, così
come gli organici. Quindi anche il costo del lavoro per passeggero dichiarato
dall’azienda ha la stessa genesi: è stato prodotto da chi avrebbe dovuto
portare traffico e non lo ha fatto, con un doppio effetto negativo. Nei primi
mesi di quest’anno sono state poi internalizzate due attività, quella dedicata
alle persone a ridotta mobilità e quella dei falconieri, un taglio secco di 9
persone, con un abbattimento dei costi di diverse centinaia di migliaia di
euro, di cui bisogna tenere conto. Inoltre le ferie del personale, dall’anno
scorso, vengono gestite in modo da ridurre drasticamente l’assunzione di
lavoratori stagionali.
Non siamo d’accordo con chi
afferma che la soluzione dei problemi dell’aeroporto debba essere
necessariamente la cessione con annessa privatizzazione, per almeno tre motivi:
in primo luogo perché esistono diversi esempi di aziende pubbliche, anche di
trasporto, che funzionano benissimo, fanno utili e distribuiscono dividendi agli
azionisti, e riteniamo che possa essere così anche per l’aeroporto; il secondo
motivo sono gli esempi delle aggregazioni di Brescia e Verona con la Save, che hanno portato a un
impoverimento del traffico, perdipiù con effetti pesanti sul lavoro e sull’occupazione;
come terzo, dubitiamo fortemente che, senza un forte controllo pubblico, Ronchi
possa conservare e sviluppare un ruolo strategico e centrale per la comunità
del Fvg.
Contiamo, quanto prima, dopo il
primo incontro interlocutorio, di poter approfondire il confronto con la
dirigenza della società, e se necessario con l’azionista. Il sindacato è
disponibile a fare la sua parte, a condizione che sia fatta chiarezza sulle
responsabilità, che il piano industriale guardi agli investimenti e allo sviluppo
in un contesto di sistema e con tempi certi. Per quanto riguarda più
strettamente il personale, gli aspetti fondamentali per la Filt-Cgil sono la tenuta
occupazionale, il rispetto dei diritti dei lavoratori e un patto forte e
condiviso basato sulla valorizzazione del lavoro e delle elevate
professionalità presenti nello scalo.

Valentino Lorelli, segretario Filt-Cgil Fvg