Migranti disoccupati, servono permessi di soggiorno più lunghi
Non soltanto la proroga a due anni del permesso di soggiorno per attesa occupazione e la sanatoria per i permessi scaduti, ma anche la definizione di istruzioni univoche per le questure, per evitare difformità e penalizzazioni nei confronti dei richiedenti. Questi alcuni tra gli interventi sollecitati in un documento che sarà presentato domani da Cgil, Cisl e Uil regionali al Prefetto di Trieste Annapaolo Porzio, commissario di Governo per il Friuli Venezia Giulia.
PIAGA. L’incontro si terrà in concomitanza con il presidio organizzato dalle 11 alle 12.30 in piazza Unità nell’ambito della mobilitazione nazionale di Cgil, Cisl e Uil per i diritti dei lavoratori migranti e contro la piaga del lavoro nero e sommerso. «Un fenomeno – denunciano Emanuele Iodice (Cgil), Luciano Bordin (Cisl) e Claudio Cinti (Uil) – che comprime i redditi, le tutele e i diritti di centinaia di migliaia di lavoratori nel nostro Paese, e che in alcune realtà assume i contorni di un vero e proprio racket». E’ proprio per evitare a molti migranti di cadere in questo buco nero che i sindacati invocano l’estensione a due anni del permesso di soggiorno per ricerca di occupazione.
QUESTURE. «Ma al Prefetto – spiegano ancora Iodice, Bordin e Cinti – denunceremo anche l’esistenza di prassi e comportamenti non omogenei tra questura e questura. A casi uguali, infatti corrispondono troppo spesso decisioni diverse nel rilascio e nella durata dei permessi. Tra i casi più gravi il mancato rilascio del permesso quando vengono verificati periodi di disoccupazione pregressi alla richiesta o quando sia impossibile, a causa del mancato aggiornamento delle banche dati Inps, verificare l’esistenza versamenti contributivi».
MENO PERMESSI. A confermare il problema la lettura dei dati Istat sui permessi di soggiorno brevi rilasciati in regione, scesi dai 45.800 del 2011 ai 33.200 del 2015 (-12.600). Vero che il calo è parzialmente compensato dall’aumento dei permessi di lunga durata (+10.700), ma in tempi di crisi e di crescente precarietà dell’occupazione è evidente che sono proprio i permessi brevi, calati quasi di un terzo in quattro anni, i più diffusi nelle fasce deboli del mercato del lavoro. Da qui, per i sindacati, l’esigenza di estendere e generalizzare a due anni la durata dei permessi per ricerca di lavoro, per dare respiro agli immigrati rimasti senza impiego e sottrarli al ricatto del sommerso.
PIAGA. Assieme all’estensione dei permessi e a una sanatoria generalizzata per i permessi scaduti, i sindacati chiedono al Governo una politica organica di lotta e contrasto al lavoro nero. Tutto ciò con l’obiettivo di evitare a molti stranieri il pericolo del rimpatrio forzato o la trappola del lavoro nero, con pesanti ricadute non soltanto sugli stessi migranti e sulle loro famiglie, «ma in generale su una società e un mercato del lavoro dove gli immigrati – dichiarano ancora gli esponenti delle segreterie regionali Cgil, Cisl e Uil – rappresentano una componente indispensabile».
L’IMMIGRAZIONE IN FVG. Un ruolo, quello degli immigrati, confermato anche dai numeri, sebbene la crisi abbia stretto la forbice tra nuovi ingressi e uscite (1.600 il fusso medio di cancellazioni per l’estero negli ultimi 4 anni in regione). Nonostante la frenata del 2015, chiuso con 105mila residenti stranieri contro i 107mila di fine 2014, il contributo degli stranieri alla creazione del Pil del Fvg si attesta al 10%, oltre un punto in più della media nazionale, il gettito fiscale si aggira attorno ai 170 milioni, mentre sono 11mila le imprese a conduzione straniera, in costante crescita. Fondamentale, in particolare, l’apporto alle entrate contributive, in un Paese e una regione soggetti a un processo di invecchiamento demografico che senza gli immigrati sarebbe irreversibile.
PIAGA. L’incontro si terrà in concomitanza con il presidio organizzato dalle 11 alle 12.30 in piazza Unità nell’ambito della mobilitazione nazionale di Cgil, Cisl e Uil per i diritti dei lavoratori migranti e contro la piaga del lavoro nero e sommerso. «Un fenomeno – denunciano Emanuele Iodice (Cgil), Luciano Bordin (Cisl) e Claudio Cinti (Uil) – che comprime i redditi, le tutele e i diritti di centinaia di migliaia di lavoratori nel nostro Paese, e che in alcune realtà assume i contorni di un vero e proprio racket». E’ proprio per evitare a molti migranti di cadere in questo buco nero che i sindacati invocano l’estensione a due anni del permesso di soggiorno per ricerca di occupazione.
QUESTURE. «Ma al Prefetto – spiegano ancora Iodice, Bordin e Cinti – denunceremo anche l’esistenza di prassi e comportamenti non omogenei tra questura e questura. A casi uguali, infatti corrispondono troppo spesso decisioni diverse nel rilascio e nella durata dei permessi. Tra i casi più gravi il mancato rilascio del permesso quando vengono verificati periodi di disoccupazione pregressi alla richiesta o quando sia impossibile, a causa del mancato aggiornamento delle banche dati Inps, verificare l’esistenza versamenti contributivi».
MENO PERMESSI. A confermare il problema la lettura dei dati Istat sui permessi di soggiorno brevi rilasciati in regione, scesi dai 45.800 del 2011 ai 33.200 del 2015 (-12.600). Vero che il calo è parzialmente compensato dall’aumento dei permessi di lunga durata (+10.700), ma in tempi di crisi e di crescente precarietà dell’occupazione è evidente che sono proprio i permessi brevi, calati quasi di un terzo in quattro anni, i più diffusi nelle fasce deboli del mercato del lavoro. Da qui, per i sindacati, l’esigenza di estendere e generalizzare a due anni la durata dei permessi per ricerca di lavoro, per dare respiro agli immigrati rimasti senza impiego e sottrarli al ricatto del sommerso.
PIAGA. Assieme all’estensione dei permessi e a una sanatoria generalizzata per i permessi scaduti, i sindacati chiedono al Governo una politica organica di lotta e contrasto al lavoro nero. Tutto ciò con l’obiettivo di evitare a molti stranieri il pericolo del rimpatrio forzato o la trappola del lavoro nero, con pesanti ricadute non soltanto sugli stessi migranti e sulle loro famiglie, «ma in generale su una società e un mercato del lavoro dove gli immigrati – dichiarano ancora gli esponenti delle segreterie regionali Cgil, Cisl e Uil – rappresentano una componente indispensabile».
L’IMMIGRAZIONE IN FVG. Un ruolo, quello degli immigrati, confermato anche dai numeri, sebbene la crisi abbia stretto la forbice tra nuovi ingressi e uscite (1.600 il fusso medio di cancellazioni per l’estero negli ultimi 4 anni in regione). Nonostante la frenata del 2015, chiuso con 105mila residenti stranieri contro i 107mila di fine 2014, il contributo degli stranieri alla creazione del Pil del Fvg si attesta al 10%, oltre un punto in più della media nazionale, il gettito fiscale si aggira attorno ai 170 milioni, mentre sono 11mila le imprese a conduzione straniera, in costante crescita. Fondamentale, in particolare, l’apporto alle entrate contributive, in un Paese e una regione soggetti a un processo di invecchiamento demografico che senza gli immigrati sarebbe irreversibile.