Voucher, basta lacrime di coccodrillo. Un freno era indispensabile
«L’abuso dei voucher non nasce da una carenza di controlli, ma dal modo in cui la legislazione ha stravolto l’impostazione iniziale dello strumento, divenuto ormai una scorciatoia estremamente efficace, purtroppo, per sostituire contratti di lavoro regolari, pagando un’ora di lavoro 10 euro anziché 20, a scapito del fisco, dei diritti contrattuali e delle future pensioni del lavoratore, favorendo anche il dumping contrattuale e la copertura del lavoro nero». Queste le parole con cui il segretario regionale Villiam Pezzetta risponde alle polemiche scatenate da diverse forze imprenditoriali contro l’abolizione dei voucher, «in una crociata – dichiara – che com’era prevedibile ha trovato alleati anche tra le file del Consiglio regionale». Pezzetta, da parte sua, esprime «sconcerto per le lacrime di coccodrillo versate da chi, per lunghi anni, ha taciuto sull’abuso dei voucher, fingendo di ignorare come la loro liberalizzazione sia stata anche un fattore di disincentivo alle assunzioni, di compressione dei salari e dei diritti dei lavoratori».
Quanto alla cancellazione dei voucher, Pezzetta ribadisce che «la Cgil non è contraria a priori all’utilizzo dello strumento, se limitato ad alcuni settori, in particolare l’assistenza familiare, e a specifiche categorie di prestatori, come studenti e pensionati». Il referendum è nato dalla constatazione dell’evidente abuso dei voucher, «che rappresentano oggi la forma di lavoro precario meno tutelata e che in assenza di regole più stringenti rischiava di diventare anche la più diffusa». L’obiettivo finale della Cgil, però, non era la cancellazione pura e semplice, ma una disciplina più rigorosa del lavoro occasionale, «cui sono dedicati – ricorda il segretario della Cgil Fvg – due articoli della Carta dei diritti universali del lavoro, la proposta di legge costituzionale presentata dalla Cgil assieme ai referendum».
La campagna referendaria, ribadisce ancora Pezzetta, «è stata il punto di rottura che ha consentito di interrompere quella che stava diventando la strada maestra per la crescita incontrollata del lavoro precario». Quanto ai numeri citati da chi minimizza il ricorso ai voucher, nel tentativo di ridurlo a un fenomeno marginale, «quegli stessi numeri – secondo Pezzetta – ci dicono che solo nella nostra regione, a fronte di oltre 50mila utilizzatori nel 2016, abbiamo riscontrato una media mensile di 11mila persone occupate con i voucher, per oltre la metà dei quali i buoni lavoro sono stati l’unica fonte di reddito. Tutt’altro che un fenomeno marginale, rimarca il segretario, «come conferma del resto – aggiunge -la levata di scudi contro il decreto del Governo, quasi che questo aprisse scenari apocalittici per la nostra economia».
«Allo stesso modo – conclude Pezzetta – non si può continuare a ripetere che i voucher sono soltanto uno strumento per consentire di regolarizzare il lavoro di studenti e pensionati, visto che l’età media dei prestatori è di 35 anni e che i pensionati, in questa regione, sono solo l’8% degli utilizzatori. La realtà è che siamo di fronte a una forma di lavoro povero che deve essere assolutamente, se non cancellata, circoscritta e regolamentata in modo rigoroso. Se vogliamo essere competitivi nell’economia globalizzata, del resto, è necessario che il nostro sistema delle imprese e dei servizi sappia puntare non sulla crescita del lavoro povero, ma sull’innovazione e sulla qualità di prodotto e di processo. Se continuiamo a puntare sul precariato diffuso e sulla crescita incontrollata dei voucher, invece, ci condanniamo a un inesorabile declino. Né possiamo ragionare con la logica meglio un lavoro povero che nessun lavoro, perché allora non c’è mai fine al peggio».
Quanto alla cancellazione dei voucher, Pezzetta ribadisce che «la Cgil non è contraria a priori all’utilizzo dello strumento, se limitato ad alcuni settori, in particolare l’assistenza familiare, e a specifiche categorie di prestatori, come studenti e pensionati». Il referendum è nato dalla constatazione dell’evidente abuso dei voucher, «che rappresentano oggi la forma di lavoro precario meno tutelata e che in assenza di regole più stringenti rischiava di diventare anche la più diffusa». L’obiettivo finale della Cgil, però, non era la cancellazione pura e semplice, ma una disciplina più rigorosa del lavoro occasionale, «cui sono dedicati – ricorda il segretario della Cgil Fvg – due articoli della Carta dei diritti universali del lavoro, la proposta di legge costituzionale presentata dalla Cgil assieme ai referendum».
La campagna referendaria, ribadisce ancora Pezzetta, «è stata il punto di rottura che ha consentito di interrompere quella che stava diventando la strada maestra per la crescita incontrollata del lavoro precario». Quanto ai numeri citati da chi minimizza il ricorso ai voucher, nel tentativo di ridurlo a un fenomeno marginale, «quegli stessi numeri – secondo Pezzetta – ci dicono che solo nella nostra regione, a fronte di oltre 50mila utilizzatori nel 2016, abbiamo riscontrato una media mensile di 11mila persone occupate con i voucher, per oltre la metà dei quali i buoni lavoro sono stati l’unica fonte di reddito. Tutt’altro che un fenomeno marginale, rimarca il segretario, «come conferma del resto – aggiunge -la levata di scudi contro il decreto del Governo, quasi che questo aprisse scenari apocalittici per la nostra economia».
«Allo stesso modo – conclude Pezzetta – non si può continuare a ripetere che i voucher sono soltanto uno strumento per consentire di regolarizzare il lavoro di studenti e pensionati, visto che l’età media dei prestatori è di 35 anni e che i pensionati, in questa regione, sono solo l’8% degli utilizzatori. La realtà è che siamo di fronte a una forma di lavoro povero che deve essere assolutamente, se non cancellata, circoscritta e regolamentata in modo rigoroso. Se vogliamo essere competitivi nell’economia globalizzata, del resto, è necessario che il nostro sistema delle imprese e dei servizi sappia puntare non sulla crescita del lavoro povero, ma sull’innovazione e sulla qualità di prodotto e di processo. Se continuiamo a puntare sul precariato diffuso e sulla crescita incontrollata dei voucher, invece, ci condanniamo a un inesorabile declino. Né possiamo ragionare con la logica meglio un lavoro povero che nessun lavoro, perché allora non c’è mai fine al peggio».