Occupazione, le donne più esposte alla crisi
Programmi di formazione e ricollocamento specifici, maggiormente mirati alla salvaguardia dell’occupazione e della professionalità delle donne. Potenziamento degli asili nido, dell’assistenza domiciliare e dei servizi dedicati agli anziani. Esenzioni temporanee dai ticket sanitari, riduzioni sulle rette e sulle tariffe dei servizi pubblici per i lavoratori e le lavoratrici colpiti dalla crisi. Queste, secondo i coordinamenti donne di Cgil, Cisl e Uil, le soluzioni per favorire il rilancio dell’occupazione femminile, evitando che la crisi finisca per avere un impatto maggiore sulle donne, già duramente penalizzate dall’annoso e irrisolto problema della conciliazione tra lavoro e carichi familiari.
L’appello dei sindacati arriva alla vigilia della presentazione del rapporto 2008 su “Lavoro femminile e politiche di conciliazione in Friuli Venezia Giulia”, in programma domani a Pordenone su iniziativa dell’assessore regionale al Lavoro e alle politiche sociali Alessia Rosolen. «I dati Istat relativi allo scorso anno – si legge in una nota firmata da Giuliana Pigozzo (Cgil), Iris Morassi (Cisl) e Luisa Fazzini (Uil) – lanciano già un chiaro segnale d’allarme per le lavoratrici: nel quadro di un aumento complessivo del tasso di disoccupazione, salito dal 3,4% al 4,3%, la crescita è stata molto più forte tra le donne, dove il tasso è salito in un solo anno dal 4,8% al 6,4%. La nostra preoccupazione è che questa tendenza si rafforzi ulteriormente, quando gli effetti della crisi si faranno sentire in modo più forte sul commercio e sul terziario, dove la quota di lavoro femminile è largamente maggioritaria».
Da qui la richiesta di potenziare le politiche di genere, a fianco degli strumenti varati a livello nazionale e regionale per fronteggiare la crisi. «Si tratta di interventi che non possono essere “neutri” – scrivono ancora Pigozzo, Morassi e Fazzini – perché questo momento di forte crisi dell’economia rischia di allargare le disparità. Anzi, lo sta già facendo. Oltre agli ammortizzatori sociali, quindi, bisogna mettere mano a tutti quegli interventi, dalla formazione al welfare, che possono favorire in modo concreto la conciliazione tra carichi familiari e lavoro femminile. In alternativa l’obiettivo del 60% di occupazione femminile fissato dall’Unione Europea, a fronte dell’attuale 55,5%, diverrà irraggiungibile non soltanto entro il 2010, ma anche nel medio-lungo periodo».