Ancora multinazionali in fuga: in liquidazione la Safop
«Ancora una volta assistiamo alla fuga dal nostro territorio di società multinazionali senza alcun rispetto per le maestranze, per il lavoro e per l’ economia che aziende storiche come questa hanno contribuito a creare nella nostra provincia». I vertici della Cgil e della Fiom di Pordenone commentano così, in una nota congiunta, la messa in liquidazione della Safop Spa, decisa dalla controllante Jingcheng Holding Europe, braccio europeo della multinazionale cinese Beijing Jingcheng Machinery Electric Holding.
«Nonostante le ripetute richieste di incontro inviate da parte dei lavoratori e del sindacato per affrontare la difficile situazione finanziaria in cui versava la società – si legge nella nota – la Safop si è negata al confronto e ha deciso di procedere verso il fallimento. Si arriva al punto, come in questo caso, che si affida ad una lettera una decisione grave come questa, e nel contempo viene meno qualsiasi interlocutore che si assuma le responsabilità di queste decisioni davanti alla comunità lavorativa». Ma l’errore, per Fiom e Cgil, non sta soltanto nel metodo: «Quello che è ancora più grave – sostengono ancora Fiom e Cgil – è che la decisione di cessare l’attività avviene con commesse ancora in corso e altre potenziali, pari ad almeno 10 milioni di euro, con interessanti mercati di nicchia che si erano aperti, come quello del settore ferroviario italiano ed internazionale».
Dietro alla grave scelta finale, per la Cgil, «la mancanza di investimenti mirati e di strategie di sviluppo adeguate». Senza prospettive, al momento, gli 80 dipendenti, in attesa di una sentenza del tribunale che nomini un curatore e con la debole speranza che si possa ripartire per trovare nuovi interlocutori e partner industriali.
Dopo l’assemblea di stamattina, al termine della quale è stato proclamatolo stato di agitazione, la fabbrica è presidiata dai lavoratori e dal sindacato, che hanno avviato tutte le iniziative necessarie a salvare dalla chiusura un’altra storica presenza industriale del territorio, chiedendo, per raggiungere questo obiettivo,« la solidarietà e una concreta iniziativa delle istituzioni e del mondo economico».
SAFOP, LA SCHEDA
La Safop Spa venne fondata nel 1923 a Pordenone, in località Comina, dalla famiglia Bonacini. Oggi dà lavoro a 76 dipendenti. La Safop era partita realizzando piccole macchine utensili, centri di tornitura-rettifica, foratrici a mandrini multipli e intestatrici per tubi utilizzati nei settori dell’energia, della siderurgia, nell’industria aeronautica e navale. L’attività più importante è la produzione grandi macchinari su specifica del cliente e torni per l’industria ferroviaria, ed è rivolta prevalentemente al mercato estero .
Dopo essere passata, nel 1990, dalla famiglia Bonacini all’azionista veneto Carlo Bortoletti, nel 2012 la Safop venne acquisita da una holding europea denominata Jingcheng Holding Europe Gmbh, a sua volta interamente controllata da una importante società cinese, la Beijing Jingcheng Machinery Electric Holding Co. Ltd, un’industria produttrice di macchinari costituita dal Governo Popolare municipale di Pechino, una delle 500 imprese più importanti della Cina. Nel 2014 il ricorso al concordato in continuità, conclusosi fine 2018.
Dal concordato in poi, si doveva avviare un percorso di innovazione, ingegnerizzazione e ottimizzazione dei prodotti Safop, con l’aggiunta di nuove professionalità aziendali e una formazione continua sul know how già esistente. Nell’ultimo periodo il mercato stava confortando le strategie messe in atto da Safop con un riscontro positivo sui nuovi prodotti e un pacchetto di commesse acquisite pari a 12 milioni, più altri 10 milioni legati a trattative da concretizzare.
La sofferenza finanziaria, l’insufficiente appoggio da parte degli istituti di credito a seguito del concordato, il mancato rifinanziamento da parte della Beijing Jingcheng Machinery Electric Holding Co. Ltd, insieme alla perdita di competitività industriale, sono le cause della messa in liquidazione, con le gravi conseguenze sul futuro dei lavoratori e sul territorio pordenonese, già devastato dalla crisi.