Poste, crescono stress e patologie tra i consulenti finanziari
Lavorano oltre 40 ore settimanali, a fronte di un orario contrattuale di 36, e sono sottoposti a ritmi stressanti, con conseguenze significative sulle proprie condizione di salute, tanto che accusano in media quasi 3 patologie riconducibili al lavoro. Nonostante ciò, le denunce di malattie professionali è pressoché inesistente (1%), mentre il 33% afferma di essere stato vittima di un infortunio. Questo il quadro generale che emerge dall’indagine sulle condizioni di lavoro e di salute degli 8.000 consulenti finanziari di Poste italiane, promossa dalla Slc, il sindacato Cgil dei lavoratori della comunicazione, dal patronato Inca e dalla Fondazione Di Vittorio. Ricerca che ha interessato un ampio campione di lavoratori in Friuli Venezia Giulia, dove sono circa 200 i dipendenti del gruppo impegnati con queste mansioni, con una forte presenza di donne e un’età prevalentemente medio-alta.
«I risultati – spiega la coordinatrice regionale Slc-Cgil Mirella Iacone – evidenziano come principali criticità una forte incidenza di patologie muscolo-scheletriche, dovute alla scarsa ergonomicità delle postazioni di lavoro, e una situazione diffusa di stress legato alle pressioni commerciali dell’azienda». Più nel dettaglio, un’ampia maggioranza degli intervistati lamenta di svolgere il proprio lavoro con scadenze rigide e strette (72%), a ritmi elevati (82%) e con un notevole impegno cognitivo (85%). Si tratta di valori molto elevati, che crescono anche fino al 90% tra quanti affermano di svolgere parte del proprio lavoro al di fuori dell’orario previsto. Il 53,5% degli intervistati, inoltre, dichiara di non poter mai scegliere o cambiare i metodi di lavoro e il 26,5% afferma di non poter gestire le pause o i turni in base alle proprie esigenze.
Un contesto difficile che si traduce anche su un altro fenomeno che è quello della violenza. Complessivamente, infatti, il 47% del campione dichiara di aver subito violenza nell’ultimo anno. Nella stragrande maggioranza dei casi si è trattato di sola violenza verbale, mentre sono molto rari, fortunatamente, i casi di violenza fisica. La gerarchia aziendale, in ogni caso, è un fattore decisivo nel determinare i casi di violenza: nella metà dei casi le condotte violente sono infatti attribuite a un superiore, mentre sono meno diffuse quelle riferite ai clienti (38%). Altro fattore di stress da non sottovalutare il rischio di rapine: a livello nazionale, infatti, più di un intervistato su 5 (il 21%) afferma di averne subito almeno una nel corso della carriera.
In generale per la maggioranza dei consulenti di Poste Italiane (il 59%) il lavoro ha impatti negativi sulla condizione di salute, riconducibili a fattori organizzativi (pressioni, ansia, stress) o fisici (problemi alla schiena, alla vista, di postura). Tutto questo, però, genera solo casi limitati di assenze per malattie professionali (1% degli intervistati). Se le patologie più diffuse riguardano gli occhi (58% degli intervistati) o l’apparato muscolo-scheletrico (41%), stress, turni pesanti, carenza di personale e difficoltà di conciliazione tra vita privata e lavoro causano un incremento di patologie più gravi e non professionali: a testimoniarlo un ricorso sempre più frequente a farmaci cardiologici, i più diffusi (33%) tra gli intervistati che fanno ricorso a medicinali, seguiti da farmaci a base di ormoni (21%) e dagli psicofarmaci (15%). A confermare la stretta correlazione tra lavoro e patologie sofferte c’è un altro dato: una quota importante dei lavoratori contattati afferma che dopo un periodo di riposo dal lavoro i sintomi scompaiono. «Da qui l’esigenza – conclude Iacone – di un maggiore confronto tra sindacati e azienda sulle politiche del personale, sui turni, sul monitoraggio delle condizioni di lavoro, nell’interesse non soltanto dei lavoratori, ma anche di Poste Italiane, perché un ambiente lavorativo migliore avrebbe sicuramente positivi effetti anche sulla qualità delle prestazioni e sui risultati aziendali».