Enti locali, una riforma che metterà in crisi i sindaci
«Quella approvata dal Consiglio è una riforma che aggraverà gli effetti delle carenze di personale e che abdica all’obiettivo di rendere più efficiente e sostenibile, attraverso le unioni e la messa in rete dei servizi erogati, la macchina amministrativa degli enti locali in regione». La Cgil del Friuli Venezia Giulia ribadisce così il suo giudizio, profondamente negativo, sulla riforma approvata il 14 novembre dal Consiglio regionale, al centro di un dibattito tenutosi questa mattina a Udine, alla presenza del presidente del Consiglio delle autonomie locali (Cal) del Fvg, il sindaco di San Vito al Tagliamento Antonio Di Bisceglie.
A dispetto del titolo, “Esercizio coordinato di funzioni e servizi tra gli enti locali Fvg”, Il disegno di legge “firmato” dall’assessore Roberti e votato dall’aula decreta, nel giudizio della Cgil, «l’abbandono di un percorso di aggregazione dei piccoli enti che la precedente riforma, pur con diversi errori e contraddizioni, in particolare nella disciplina e nel funzionamento delle Uti, aveva avviato». Questa la posizione condivisa da Rossana Giacaz, della segreteria regionale Cgil, e dalla segretaria regionale della Funzione pubblica Cgil Fvg Orietta Olivo, che denuncia il «rischio di un drastico rallentamento, e nei casi più gravi di paralisi, nei servizi di molti comuni, a partire dai più piccoli, maggiormente esposti agli effetti delle già gravi carenze di personale, destinate ad appesantirsi ulteriormente nel tempo per effetto dei pensionamenti e del mancato turnover». A rallentare la macchina amministrativa anche la gestione stessa del nuovo riassetto organizzativo, con la retromarcia sulle Uti e l’istituzione di nuovi enti, le rinate comunità montane e gli enti di riferimento di area vasta, «per il momento con competenze limitate all’edilizia scolastica – spiega Olivo – ma destinate ad acquisirne di nuove con la annunciata trasformazione in province».
«L’errore – secondo Rossana Giacaz, della segreteria regionale – è stato quello di gettare il bambino con l’acqua sporca, sacrificando, con le Uti, anche gli obiettivi virtuosi che le unioni si ponevano, e confermando, nonostante gli appelli espressi dai sindaci in sede di consiglio delle autonomie, la soppressione degli incentivi alle unioni». Del tutto non condivisibile, per la Cgil, anche il varo di un riassetto delle autonomie che, nonostante la concomitanza temporale, «non dialoga con la riforma sanitaria». Non a caso, come ha sottolineato il responsabile del dipartimento welfare Gino Dorigo, «viene meno quella coincidenza tra Uti e distretti socio-sanitari che avrebbe potuto sicuramente favorire gli obiettivi di integrazione dei servizi al centro sia della precedente che della nuova riforma sanitaria, penalizzando anche il confronto tra distretti, servizi socio-assistenziali dei comuni e sindacato». Inevitabilmente negativo, quindi, anche il giudizio complessivo su una riforma che, nella sintesi di Giacaz, «non è espressione di una maggiore attenzione alle istanze dei sindaci, ma di un disegno accentratore che inciderà negativamente sui costi e sull’efficienza delle amministrazioni locali, oltre che sul sistema del welfare territoriale».