L’economia rallenta, la Regione non resti inerte
Il recupero occupazionale c’è stato, dimezzando la perdita di 20mila occupati che si era toccata nel momento peggiore della crisi. Ma è un recupero trainato dal terziario e da occupazione prevalentemente debole, mentre il manifatturiero, con quasi 30mila posti persi tra il 2008 e il 2018, sembra vedere già esaurirsi l’inversione di tendenza cominciata lo scorso anno. A dirlo anche la ripresa della cassa integrazione, risalita a valori significativi dopo un biennio caratterizzato da un ricorso molto basso agli ammortizzatori. Questa l’analisi di Cgil, Cisl e Uil, preoccupate dai nuovi venti di crisi che soffiano sull’economia globale e sul Friuli Venezia Giulia, al centro dell’attivo unitario dei delegati tenutosi questa mattina al Molo IV di Trieste.
La situazione del manifatturiero, hanno detto i segretari generali Villiam Pezzetta (Cgil), Alberto Monticco (Cisl) e Giacinto Menis (Uil), desta preoccupazione non solo a Trieste, alle prese con crisi e vertenze difficili come quelle che riguardano la Ferriera, la Sertubi, la Wartsila, la Flex, il gruppo Kipre, la Burgo, ma un po’ tutto il manifatturiero regionale, colpito dagli effetti della congiuntura internazionale tanto tra le grandi quanto tra le piccole e medie imprese e quelle dell’artigianato, che rappresentano il nerbo del nostro tessuto produttivo».
«Vero che imputare tutto questo a chi governa la regione – ha affermato Pezzetta dal palco – sarebbe sbagliato, ma è doveroso tracciare un bilancio di un anno e mezzo di legislatura, chiedendosi cosa è stato o non è stato fatto, in uno scenario generale che fino a pochi mesi fa era sicuramente migliore rispetto a quello in cui aveva operato la precedente Giunta, per migliorare la competitività del sistema regione, l’occupazione, il welfare, la dotazione di infrastrutture». E quel bilancio, secondo Cgil, Cisl e Uil, è negativo. «Alla politica – aggiunge Menis – chiediamo azioni di sistema capaci di rilanciare il comparto produttivo, aprendosi al confronto con le parti sociali nel cercare e individuare le linee strategiche indispensabili per attuare un cambio di passo, alla luce delle crisi già vissute, di quelle in atto e nel contesto di un mercato del lavoro che vede, pur essendo reduce da un biennio positivo, meno occupati rispetto ai livelli pre-crisi, più contratti precari e part-time involontari. Un lavoro più povero, con ricadute sulla coesione sociale e su quello spirito di comunità che ha sempre caratterizzato la nostra regione».
Un’analisi, quella dei sindacati, supportata dai numeri. Come quelli che confermano la perdurante stagnazione del lavoro giovanile. «Nella fascia 15-34 anni – spiega il segretario della Cisl Fvg Alberto Monticco – gli occupati sono crollati del 30% in dieci anni, e si tratta di un calo legato solo in parte a fattori demografici: se nel 2008 gli occupati nella fascia 25-34 anni rappresentavano l’83% dei residenti in quella fascia di età, oggi siamo scesi al 72%. E tra gli under 25 siamo scesi dal 29% al 19%». Dati che sono effetto anche del miss-match tra domanda e offerta di lavoro, e dello scollamento esistente tra scuola, formazione e imprese. Da qui l’appello a rilanciare le politiche attive del lavoro, che pure rappresentano, per i sindacati, uno dei fronti d’intervento sui quali la Giunta ha dato segnali di presenza e di apertura al dialogo. Il giudizio nei confronti dell’esecutivo vira invece in negativo su altri capitoli, compresa quella riforma della sanità sulla quale il confronto sembra essersi arenato. Ancora più netta la bocciatura della recente riforma degli enti locali, «del tutto indifferente all’esigenza di individuare, accantonate le Uti, nuove forme di incentivo alle unioni, e di raccordare il sistema dei servizi socio-assistenziali dei comuni con l’assetto del servizio sanitario».
Allarmati da un’involuzione che dall’economia sembra contagiare anche il welfare, i sindacati chiedono al governo regionale «di definire al più presto un piano sulle priorità d’intervento», in vista di una Finanziaria 2020 «che non può limitarsi ad operazioni di puro mantenimento gestionale, ma richiede politiche di investimento pubblico, fatte anche attraverso il deficit, capaci di stimolare la nostra economia e garantire un welfare pubblico e di qualità, un welfare che va rinnovato e rafforzato per affrontare le sfide cruciali dell’invecchiamento e della non autosufficienza». Ma alla Giunta Cgil, Cisl e Uil chiedono anche un metodo di confronto «troppo spesso affidato, finora, solo alla buona volontà dei singoli assessori». Richieste sulle quali Cgil, Cisl e Uil sono pronte «se non ci sarà un cambio di passo nelle politiche di questa Regione», a mobilitare lavoratori e pensionati.