La filiera di Amazon incrocia le braccia: ecco il primo sciopero “contro” il colosso Usa
La verifica dei carichi e dei ritmi di lavoro effettivi, la contrattazione dei turni, un corretto inquadramento, clausole sociali per il mantenimento del lavoro in caso di cambio del fornitore, indennità per il rischio Covid e per gli eventuali danni, criteri di stabilizzazione per i precari. In una parola, contrattazione. è quanto chiedono tutti i lavoratori della filiera di Amazon. Circa 40mila addetti a livello nazionale – e almeno 400 in regione, in buona parte “driver”, che ruotano attorno ai due centri di Fiume Veneto e Sgonico e al magazzino di Colugna, alle porte di Udine – che lunedì 22 marzo incroceranno le braccia per la prima volta dallo sbarco in Italia del colosso americano del commercio online.
A indire la protesta, per l’intera giornata, le segreterie nazionali dei sindacati di categoria, Filt-Cgil, Fit-Cisl e Uiltrasporti, dopo l’interruzione della trattativa sul contratto di secondo livello della filiera Amazon. «Uno stop brusco – spiegano Valentini Lorelli e Flavio Venturoso, della Filt Cgil Friuli Venezia Giulia – causato dall’indisponibilità dell’associazione datoriale ad affrontare in modo positivo e costruttivo le legittime richieste poste dai sindacati a nome di una categoria di lavoratori fortemente esposti agli effetti della precarietà, a turni di lavoro resi insostenibili dalla crescita del commercio online, a un mancato riconoscimento della durata e della pesantezza effettiva dei turni, con ritmi che arrivano, per i driver, fino a 180-200 consegne al giorno. A scioperare – spiegano ancora Lorelli e Venturoso – sono le persone che, mai come in questo ultimo anno, ci hanno permesso di ricevere nelle nostre case ogni tipologia di merce in piena comodità. Si tratta di un esercito composto da migliaia di lavoratori che non si fermano mai e che costituisce la spina dorsale dell’e-commerce e della sua crescita». Una crescita di cui i lavoratori, però, vedono spesso soltanto le briciole, mentre crescono esponenzialmente i profitti di colossi come Amazon, senza che parallelamente crescano le garanzie per chi opera nella filiera, sopportando interamente sulle proprie spalle le incertezze legate al traffico, a incidenti e contrattempi, al rischio di un cambio dei contratti di committenza e fornitura.
Da qui uno sciopero che apre la strada anche perché “trasversale” rispetto ai settori e alle tipologie contrattuali, riunendo lavoratori legati dalla comune appartenenza a una filiera che rivendica riconoscimenti e garanzie, chiedendo nel contempo solidarietà agli utenti. Utenti abituati, in particolare in tempo di pandemia, ad acquistare con un semplice clic, ma spesso senza chiedersi cosa ci sia dietro a tempi di consegna in 24 ore e garantiti almeno sei giorni su sette.