Dalla Ru486 nessuna minaccia all’attuazione della 194
Solo pochi giorni fa sono stati illustrati dal sottosegretario Roccella i dati relativi allo stato di attuazione delle legge 194. Nel 2008 il numero delle interruzioni di gravidanza è stato inferiore del 4,15% rispetto al 2007, mentre dal 1982 il decremento complessivo di aborti è stato del 48,3%.
Non c’è attestazione migliore del fatto che la legge, pur sostanzialmente inapplicata nella parte preventiva per la mancanza di una cultura esplicita della contraccezione, abbia conseguito il suo obiettivo. Anche da questo punto di vista appaiono totalmente fuori spartito alcune reazioni dopo la decisione dell’Agenzia italiana del farmaco di approvare l’uso della pillola Ru486. Posto che con la 194 si è vinta la battaglia contro gli aborti clandestini, la tecnologia consente oggi di evitare l’invasività dell’intervento chirurgico. Non c’è nessuna ragione per pensare che la curva negativa possa essere invertita per l’uso di una tecnica non invasiva.
Stupisce che la gerarchia cattolica, che nel “caso Englaro” chiedeva che si adoperasse ogni nuovo strumento tecnologico per prolungare la vita in stato vegetativo, combatta oggi uno strumento che consente alla donna di compiere una scelta che resta drammatica limitando il dolore. Stupiscono meno i termini virulenti e francamente intimidatori usati da qualche esponente della gerarchia: è difficile del resto dimenticare l’appellativo “boia” adoperato nei confronti di Beppino Englaro.
Non entro naturalmente nel merito della minaccia di scomunica, che riguarda esclusivamente il rapporto tra gerarchia e fedeli. Non si pensi però di poter tradurre la scomunica in legge dello Stato, come adombra l’assessore alla Salute della Regione Veneto, che vorrebbe affidare al Parlamento le funzioni scientifiche dell’Agenzia del farmaco.
Franco Belci, segretario generale Cgil FVG