«Sanità Fvg, allarme rosso. La Finanziaria 2023 fondamentale per fermare il declino»
«Quello lanciato dai medici e dagli infermieri dei reparti di pronto soccorso degli ospedali triestini è solo l’ennesimo segnale di allarme su una situazione che rischia il collasso». Rossana Giacaz, responsabile sanità e welfare della Cgil Friuli Venezia Giulia, commenta così l’appello lanciato ad Asugi e ai vertici della sanità regionale dagli operatori del Maggiore e di Cattinara. «Sono tanti, troppi – denuncia Giacaz – i nodi venuti al pettine. L’emergenza vissuta dai reparti di emergenza degli ospedali triestini nasce da lacune strutturali: la carenza di medici di base, dei servizi territoriali e di assistenza domiciliare, la mancanza di medici, infermieri e Oss, aggravata dalla fuga di personale dal pubblico al privato. Fuga accelerata dal progressivo aumento di fondi dirottati dal pubblico al privato convenzionato».
Da qui l’appello che la Cgil lancia alla Regione in vista della ormai prossima manovra di bilancio 2023. «La Giunta e la maggioranza regionale – dichiara Giacaz – devono prendere atto della situazione critica in cui versa il nostro servizio sanitario, che un tempo rappresentava un’eccellenza di questa regione, ma che vede un progressivo e allarmante calo degli standard di assistenza. Spie d’allarme come quelle del pronto soccorso a Trieste o come la crescita delle liste di attesa su tutto il territorio regionale non possono più essere ignorate. E se è vero che siamo di fronte a fenomeni non contingenti ma strutturali, e che riguardano tutto il territorio regionale, la Regione deve mettere in campo ogni sforzo per cercare di invertire la rotta, a partire dal varo di un piano straordinario di assunzioni di personale infermieristico e da un’accelerazione dei corsi destinati alla formazione di nuovi Oss. Senza dimenticare figure più facilmente reperibili, ma anch’esse sotto organico, come i tecnici radiologi, i fisioterapisti e gli assistenti sanitari e sociali. Bisogna inoltre invertire il trend attuale, che vede una progressiva crescita dei fondi del servizio sanitario regionale destinati ai servizi convenzionati con il privato. Crescita che non sta determinando, tutt’altro, quella riduzione dei tempi di attesa e dei flussi di esodo vero le altre regioni che l’assessore dichiara di voler contrastare puntando sulla crescita del convenzionamento con le strutture sanitarie private».
Altro nodo da sciogliere, oltre a quello legato all’impatto dei protocolli Covid, quello dei corsi universitari e dell’accesso alla professione di medico di base. «La nostra Regione – dichiara – non ha facoltà per intervenire sulle norme in materia di numero chiuso e di accesso alle facoltà mediche e infermieristiche, ma può sollecitare nei confronti del Governo, anche in sede di Conferenza Stato-Regioni, un rapido cambiamento delle regole sia nell’ambito dei corsi universitari sia nell’accesso alla professione di medico di medicina generale. A meno che l’intenzione nascosta non sia quella di usare le lacune del pubblico come scusa per dirottare una mole crescente di risorse verso il privato, aggravando così il declino del nostro servizio sanitario, con gravi conseguenze per le fasce più deboli».