Commercio, Regione supina nei confronti del Governo
Sempre pronta a ricorrere alla Corte Costituzionale per difendere la specialità, sul commercio la Regione sta rinunciando a seguire questa strada, già intrapresa da Toscana, Piemonte e probabilmente dal Veneto. Una difesa a geometria variabile, dunque, che spesso dipende dagli interessi in gioco. E stavolta vengono privilegiati quelli della grande distribuzione, ai quali l’assessore Brandi si è sempre dimostrata molto sensibile. Del resto, forti di questa copertura, la maggior parte dei centri commerciali del Fvg si sono precipitati a disapplicare di fatto la legge regionale vigente aprendo il 6 gennaio.
Non è per noi accettabile che la Regione liquidi la questione accettando supinamente il diktat del Governo. Ci sono infatti due competenze che vanno coordinate. Quella che riguarda i principi della concorrenza, che appartiene allo Stato, e quella, esclusiva, propria della Regione, sul commercio. Non c’è perciò ragione di considerare abrogata di fatto disciplina regionale, tantomeno quella su orari e aperture. Se proprio vogliamo parlare di concorrenza, cominciamo da quella sleale che avviene, soprattutto nella grande distribuzione, attraverso il lavoro nero o contratti di lavoro improntati alla massima precarietà.
Chiediamo perciò l’apertura di una discussione a tutto campo con le organizzazioni sindacali e quelle dei datori di lavoro, che parta proprio dal rapporto tra orari, aperture e qualità dell’occupazione e che porti, se necessario, a una nuova legge regionale. Condivido le affermazioni del presidente del Consiglio regionale e il suo richiamo alla maggioranza a rispettare gli impegni assunti con i lavoratori. Il fatto che sul tema si sia speso il massimo esponente istituzionale della Lega sottolinea come quel partito abbia fatto della questione un punto politico dirimente. Ci attendiamo però che alle enunciazioni seguano i fatti. Un partito non può limitarsi a una raccolta di firme indirizzata alla Giunta di cui fa parte. Chieda perciò all’esecutivo regionale di portare la questione davanti alla Consulta e, in caso contrario, ritiri i suoi rappresentanti. Altrimenti saremo legittimati a pensare che si tratti di facile demagogia.