Udine, Sos precariato: a tempo indeterminato solo un’assunzione su 10

Solo un’assunzione su 10, in provincia di Udine, è a tempo indeterminato. L’88,5% dei nuovi rapporti di lavoro attivati nel 2011, infatti, corrisponde a contratti a termine, con una forte componente di forme atipiche: tra interinali (15,3%), collaborazioni coordinate (10,3%) e lavoro intermittente (7,5%), infatti, la percentuale di contratti atipici rappresenta un terzo delle assunzioni  complessive.
Dati allarmanti, quelli elaborati dall’Osservatorio provinciale del lavoro e commentati oggi dal segretario della Cgil Udine Alessandro Forabosco, a margine della doppia iniziativa organizzata nell’ambio della mobilitazione nazionale contro la precarietà: un volantinaggio all’università in mattinata, una conferenza stampa nel pomeriggio, alla presenza dello stesso Forabosco e di quattro rappresentanti del mondo del precariato: Roberto Nonino e Fabiana Lovato, disoccupati, Maurizio Bekar, del coordinamento giornalisti precari del Fvg, lo studente universitario Irvin Lepic.
«La precarietà – ha dichiarato Forabosco – rappresenta ormai la condizione normale di entrata nel mercato del lavoro, e non a caso la stessa riforma del lavoro varata dal Governo Monti, duramente contrastata dalla Cgil, si pone come obiettivo di incentivare i contratti a tempo indeterminato». Concetti ribaditi anche da Roberto Nonino, ex lavoratore della Grosmarket di Pradamano, tuttora in mobilità a 26 mesi dalla chiusura della sua azienda, da Fabiana Lovato, che ha descritto la sua multiforme esperienza di lavoratrice precaria, passata attraverso miriadi di contratti, dalle collaborazioni al lavoro interinale. Da entrambi la denuncia di un sistema incapace di offrire lavoro stabile e che spesso, oltre a non garantire un compenso equo, nega diritti fondamentali come quello al riposo domenicale. 
«La precarietà è una condanna anche per chi, come me, deve ancora arrivare alla laurea ed è atteso da un mercato del lavoro e delle professioni sempre più diseguale», ha detto lo studente Irvin Lepic, denunciando i limiti di un sistema universitario dove finanziamenti e borse di studio «raramente premiano il merito». Il rischio, in sostanza, è quello di un futuro di sfruttamento, sfruttamento che è già una realtà – come ha spiegato Maurizio Bekar, rappresentante regionale del coordinamento giornalisti freelance e precari italiani, che ha aderito alla mobilitazione della Cgil — per la più larga fascia degli operatori dell’informazione. «Su 44mila giornalisti attivi in Italia – ha detto – 24mila sono autonomi o finti autonomi, con compensi lordi che anche in regione vanno da un minimo di 5 a un massimo di 15 euro lordi a pezzo, senza alcun diritto e senza la minima tutela in termini di welfare. Una situazione che non solo nega il diritto a un compenso equo, ma che pregiudica anche l’indipendenza e il ruolo dell’informazione».
Ma l’allarme della Cgil, oltre che dalla diffusione della precarietà, riguarda anche la crescita della disoccupazione giovanile: nel 2011, a livello regionale, nella fascia 15-24 anni erano il 20,9%, contro il 18% del 2010 e il 13,9% del 2008. È la conferma di un processo di progressiva esclusione dei giovani dal mercato del lavoro, puntualmente testimoniata dai dati Istat sulla distribuzione degli occupati per fasce d’età. Se nel 2004, a livello regionale, gli occupati nella fascia 15-34 anni erano 167 mila su un totale di 500mila, pari al 33%, nel 2010 erano 127mila su 511mila, cioè il 24%: in soli 8 anni, in sostanza, la percentuale è scesa da un terzo a un quarto del totale degli occupati.
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