Ancora una bocciatura per le leggi regionali
La Corte Costituzionale ha sancito per l’ennesima volta l’illegittimità di una norma regionale. Stavolta è toccato alla legge 9/2009, che si occupava di “sicurezza e polizia locale” cercando di militarizzare la vigilanza urbana e di istituire le “ronde”.
Già eccepita dalla Corte nel maggio 2010, è stata ulteriormente falcidiata con un recentissimo pronunciamento nella parte che escludeva i vigili urbani dalla possibilità di ottenere il part-time. Se ho fatto bene i conti, su 89 leggi regionali approvate in questa legislatura, per 22 volte i Governi (Berlusconi e poi Monti) hanno impugnato i provvedimenti. Su 17 di essi la Corte si è già pronunciata: 5 leggi sono “sub iudice” e per altre 9 il termine per l’impugnazione è ancora pendente. In 9 casi la Corte ha dato torto alla Regione, in un caso (la famigerata “legge sul personale” di Garlatti) ha dichiarato la cessazione dell’oggetto del contendere in quanto la Regione si era adeguata con legge successiva alle osservazioni. A questo bilancio si aggiunge quest’ultima deliberazione avvenuta in via incidentale su ricorso di parte.
Di fatto, dunque, la Regione ha “perso” 11 volte su 18 e l’elenco rischia di allungarsi. Un “curriculum” che pone seri interrogativi, oltre che sulla qualità delle leggi, sulle modalità di esercizio del potere legislativo da parte di questa maggioranza.
Ciò che aggrava il giudizio è che spesso la Giunta è stata “pescata” mentre cercava di ridurre i diritti dei cittadini o dei lavoratori (la legge che legava al principio di residenza l’accesso agli istituti del welfare, quelle sul personale, oltre che quella eccepita nei giorni scorsi) o mentre tentava di svuotare la contrattazione. Dunque, spesso l’obiettivo non è quello di regolare gli interessi generali, ma di intraprendere azioni contro qualcuno o a favore di qualcun altro con norme ad personam e percorsi privilegiati, come abbiamo denunciato in tempi non sospetti. A fronte di ciò, nessun intervento sull’ordinamento del personale, sul quale Tondo ci ha ripetutamente “sfidato” senza mettere in campo idee, nessun intervento per la semplificazione e la riduzione dei tempi delle procedure amministrative, nessun intervento legislativo che regolamenti la giungla del commercio: insomma un riformismo senza riforme.
Infine, su problemi cruciali quali la qualità dell’istruzione, pesantemente compromessa dall’accorpamento forzoso dei plessi scolastici dettato dalla riforma Gelmini, scatta il silenzio-assenso di scuderia. Meno male che la questione è stata sollevata da altre Regioni alle quali la Corte ha dato ragione, sottolineando come lo Stato abbia competenza solo in tema di principi fondamentali e non di interventi organizzativi. Quale concezione delle proprie prerogative ha la Giunta se non ritiene di doversi avvalere delle proprie potestà organizzative? Sono questi i comportamenti che, al di là delle enunciazioni, rischiano di mettere davvero in discussione la specialità.
Franco Belci, segretario generale Cgil FVG