L’importanza della distinzione dei ruoli nelle cariche pubbliche
A margine di una recente intervista sul Porto Vecchio è stato chiesto alla presidente dell’Authority se la nomina al vertice di Trieste Terminal passeggeri del Presidente della Camera di Commercio corrispondesse a una logica di scambio. La Monassi lo ha negato con un understatement dai toni un po’salottieri. Vero o falso che sia, la questione della concentrazione del potere è stata spesso proposta dal “Piccolo” al dibattito politico senza trovare adeguati riscontri e merita di essere approfondita. Qualche esempio concreto ci aiuterà a farlo. Il presidente della Camera di Commercio di Trieste, la cui intraprendenza a favore della città – comunque la si pensi – non si può che apprezzare, colleziona, oltre alla Presidenza di Confcommercio, di Ttp e della Ccia, altre cinque legate a quest’ultima, una nel settore del commercio e una in quello della logistica, oltre a due vicepresidenze e alla presenza in 13 consigli di amministrazione. Anche il presidente di Acegas Aps appare oberato dagli incarichi: oltre a quest’ultimo, peraltro in scadenza vista la prossima fusione con Hera, ricopre quello di presidente della Fondazione Crt Trieste, di Mediocredito, della Federazione regionale Pmi e di quella Udine, e di vicepresidente di Confidi.
Recentemente le cronache si sono occupate anche di un ex assessore regionale, rimasto, quand’ era in carica, revisore dei conti di qualche comune, nominato, dopo le dimissioni, membro del Cda di Insiel e indicato come futuro direttore della scuola di formazione per la pubblica amministrazione regionale, da lui stesso progettata. Si tratta di situazioni sulle quali non si può sorvolare. Non solo perché le concentrazioni di potere non sono mai sane, pur quando sono esercitate da persone di indubbia competenza, ma anche perché vi si possono scorgere in controluce evidenti posizioni di privilegio, possibili conflitti di interessi o ruoli di controllore e controllato contemporaneamente esercitati. È bene perciò che la politica e l’alta amministrazione regionale si pongano il problema di una rigida distinzione dei ruoli e di un accurato bilanciamento delle modalità di controllo: non ci si può accontentare del rispetto del codice civile e della legittimità delle scelte (ci mancherebbe il contrario!), ma occorre definire posizioni chiare per rendere trasparenti i ruoli nelle scelte istituzionali e finanziarie che da esse dipendono. Naturalmente il sindacato, nel suo piccolo, deve dare il buon esempio. Anche in questo caso non è sufficiente il rispetto formale degli statuti delle organizzazioni. Non voglio certo suggerire ad altri le rigide incompatibilità previste da quello della Cgil. Ma, fatta eccezione per gli istituti di emanazione contrattuale e per gli organismi bilaterali, trovo imbarazzante la commistione dei ruoli che costituisce un oggettivo elemento di inquinamento nelle relazioni e nell’esercizio stesso dell’attività sindacale. O, peggio, l’acquisizione da parte di singoli sindacalisti di nomine a posizioni di presidenza di società e aziende, per di più sulla base di indicazioni delle controparti, senza che venga sancita formalmente la separazione dei ruoli. Si tratta di una questione di trasparenza verso i cittadini e di rispetto per i lavoratori che si rappresentano. Dovrebbe essere evidente, ma non lo è per tutti.
Franco Belci
Segretario generale Cgil FVG
Recentemente le cronache si sono occupate anche di un ex assessore regionale, rimasto, quand’ era in carica, revisore dei conti di qualche comune, nominato, dopo le dimissioni, membro del Cda di Insiel e indicato come futuro direttore della scuola di formazione per la pubblica amministrazione regionale, da lui stesso progettata. Si tratta di situazioni sulle quali non si può sorvolare. Non solo perché le concentrazioni di potere non sono mai sane, pur quando sono esercitate da persone di indubbia competenza, ma anche perché vi si possono scorgere in controluce evidenti posizioni di privilegio, possibili conflitti di interessi o ruoli di controllore e controllato contemporaneamente esercitati. È bene perciò che la politica e l’alta amministrazione regionale si pongano il problema di una rigida distinzione dei ruoli e di un accurato bilanciamento delle modalità di controllo: non ci si può accontentare del rispetto del codice civile e della legittimità delle scelte (ci mancherebbe il contrario!), ma occorre definire posizioni chiare per rendere trasparenti i ruoli nelle scelte istituzionali e finanziarie che da esse dipendono. Naturalmente il sindacato, nel suo piccolo, deve dare il buon esempio. Anche in questo caso non è sufficiente il rispetto formale degli statuti delle organizzazioni. Non voglio certo suggerire ad altri le rigide incompatibilità previste da quello della Cgil. Ma, fatta eccezione per gli istituti di emanazione contrattuale e per gli organismi bilaterali, trovo imbarazzante la commistione dei ruoli che costituisce un oggettivo elemento di inquinamento nelle relazioni e nell’esercizio stesso dell’attività sindacale. O, peggio, l’acquisizione da parte di singoli sindacalisti di nomine a posizioni di presidenza di società e aziende, per di più sulla base di indicazioni delle controparti, senza che venga sancita formalmente la separazione dei ruoli. Si tratta di una questione di trasparenza verso i cittadini e di rispetto per i lavoratori che si rappresentano. Dovrebbe essere evidente, ma non lo è per tutti.
Franco Belci
Segretario generale Cgil FVG