«Fermare la condanna a morte». Appello Cgil per Pakhshan Azizi
No a «un atto irreversibile di ingiustizia», no alla pena di morte, che rappresenta «una macchia per tutta l’umanità», a maggior ragione se utilizzata contro gli attivisti per i diritti umani e i diritti delle donne. È quanto scrive la Cgil in una lettera inviata al ministro degli Esteri Antonio Tajani e contenente un accorato appello al Governo italiano, esortato a usare nuovamente le armi della diplomazia – già utilizzate con successo per la liberazione della giornalista Cecilia Sala – in difesa dell’attivista curda Pakhshan Azizi, anch’essa prigioniera in Iran.
Arrestata il 13 agosto del 2023 e incarcerata ad Evin, la stessa prigione dov’era detenuta Cecilia Sala, Pakhshan Azizi è ingiustamente accusata di ribellione armata ed è stata condannata a morte. «Pakhshan – scrivono al ministro la segretaria confederale Lara Ghiglione e Salvatore Marra, responsabile dell’area politiche internazionali della Cgil – ha dedicato la propria vita a difendere le donne vulnerabili e a promuovere l’uguaglianza nella sua comunità. La sua esecuzione non solo rappresenterebbe un atto irreversibile di ingiustizia, ma metterebbe a tacere una voce vitale per il cambiamento e il progresso sociale». Da qui l’appello al nostro Governo a «fare pressioni urgenti sul regime iraniano per impedire che ancora una volta venga eseguita la condanna a morte di una giovane innocente».
All’appello si unisce anche la Cgil del Friuli Venezia Giulia: «L’arresto arbitrario, la detenzione e la condanna di chi si impegna per la difesa dei diritti civili e delle libertà politiche – dichiara Daniela Duz, responsabile politiche di genere e pari opportunità della segreteria Cgil Friuli Venezia Giulia – rappresentano una sconfitta e una ferita per tutti, a qualsiasi latitudine. Rinnoviamo quindi la nostra vicinanza al popolo iraniano e in particolare alle donne, ancora una volta bersaglio della violenza, dell’arbitrio e delle repressioni del regime di Teheran».