Chiesa e politica, quando i valori vanno in corto circuito

Sono autorevoli e giustificate le voci che si sono levate dalla gerarchia ecclesiastica contro il degrado della politica dopo il caso Lazio. Ma per essere del tutto credibili dovrebbero essere accompagnate, per restare nel campo della morale, da un esame di coscienza. Non si può infatti dimenticare il massiccio appoggio attribuito a suo tempo dalla gran parte delle istituzioni cattoliche alla candidatura della Polverini per contrastare quella della Bonino, giudicata troppo caratterizzata sul piano della “laicità”. Né si può scordare che molte preferenze furono indirizzate ad alcuni di quei personaggi oggi agli onori (si fa per dire) delle cronache.
Si trattò di un episodio di quella più generale strategia di appoggio al centro destra che venne meno solo di fronte all’emergere incontenibile del degrado dei comportamenti pubblici e privati del premier. Un appoggio basato sull’impegno dell’esecutivo a legiferare in difesa dei cosiddetti “valori non negoziabili” rispetto ai quali il fine sembrerebbe giustificare i mezzi. Se occorre anche adattando la dottrina, come nel caso di un alto prelato che giunse a giustificare una bestemmia sfuggita al premier teorizzando che l’episodio andava contestualizzato. Se occorre anche chiudendo un occhio su comportamenti personali non proprio specchiati di chi affermava di difendere la famiglia.
Ecco, il punto sta proprio qui. Nell’accettare e, anzi, incoraggiare la dissociazione tra enunciazioni e comportamenti, come nel caso di scuola degli “atei devoti”. Penso, sommessamente, che andrebbe fatta una riflessione su quanto abbia potuto influire questo atteggiamento sui guasti politici, culturali ed etici del Paese. Nessuno nega il diritto a chi vi crede di sostenere i propri “valori non negoziabili”, né la possibilità di cercare su di essi il consenso attraverso il confronto delle idee: un tempo si sarebbe parlato di evangelizzazione. Ma di libero confronto si deve trattare e non della scorciatoia del rapporto privilegiato ed obliquo col potere politico, in una logica di scambio che ha per posta l’imposizione per legge di quei valori. Credo che, per fortuna, siano tanti i preti e i laici che, in una visione di Chiesa di condivisione e testimonianza, la pensino in questo modo.
Franco Belci, segretario generale Cgil FVG