Commercio, il tetto alle aperture festive non si tocca

«Non esiste alcun rapporto tra l’andamento occupazionale nel commercio e il limite di 29 aperture domenicali fissato dalla legge Ciriani. Se una tensione occupazionale esiste anche nel settore, questo è soltanto l’effetto della crisi generale, che colpisce i redditi e i consumi delle famiglie». Questa la posizione espressa oggi dalle segreterie regionali di Filcams-Cgil, Fisacat-Cisl e Uiltucs-Uil di fronte all’assessore regionale alle Attività produttive Luca Ciriani, nel tavolo convocato per fare il punto sulla situazione del commercio e per un primo confronto sulla legge che dall’anno scorso ha modificato il regime delle aperture festive in regione.
I sindacati di categoria si sono schierati compatti a difesa della legge, «esposta – come ha dichiarato al termine dell’incontro il segretario regionale della Fisascast Cisl Paolo Duriavig – a ingiustificati e strumentali attacchi, provenienti in particolare da Trieste». Nel ribadire la posizione dei sindacati, Duriavig ha affermato che «il tessuto commerciale giuliano non risente dei vincoli sulle aperture festive, ma piuttosto di limiti strutturali che sono l’effetto di anni di immobilismo e mancati investimenti».
Le modifiche alla legge Ciriani, per i sindacati, non dovranno quindi riguardare il tetto imposto alle aperture festive. «Va invece rivista e cancellata – ha dichiarato Susanna Pellegrini, segretaria regionale della Filcams Cgil – la deroga che liberalizza le aperture per gli esercizi al di sotto dei 400 metri quadri. Questo per definire senza possibilità di equivoci la disciplina delle aperture nei centri commerciali ed evitare evidenti forzature come quelle decise dalla proprietà dell’outlet di Ajello».
Un’altra modifica è stata sollecitata riguardo alle festività civili e religiose: «Abbiamo chiesto all’assessore – ha spiegato la segretaria regionale della Uiltucs-Uil Miriam Cerne – di definire un numero di giornate di chiusura obbligatoria, senza possibilità di deroghe. La legge, infatti, consente agli esercizi situati nei centri storici o al di sotto dei 400 metri quadri di aprire anche a Pasqua, a Natale o il primo maggio, un problema che va assolutamente risolto con una nuova formulazione della legge».