Commercio, il voltafaccia del centrodestra
Il Presidente della Regione aveva fatto della revisione della legge sul commercio voluta dalla Giunta Illy, e contro la quale Cgil Cisl e Uil avevano scioperato, uno dei cavalli di battaglia del suo programma elettorale, anche su spinta della Lega.
Oggi, spinto da alcuni consiglieri triestini del centrodestra, si è convertito. Del resto, si sa, quando serve il voto, le promesse si fanno facilmente: e questo vale sia per Renzo Tondo sia per tutti i consiglieri triestini che in campagna elettorale non avevano aperto bocca sull’argomento. Speriamo che almeno
A questo punto è evidente che il dibattito rischia di riaprirsi sui fondamentali della legge. Ricordiamo allora che per noi è inaccettabile assimilare surrettiziamente le aperture domenicali dei negozi alla logica dei servizi essenziali. Dovremmo in questo caso chiedere l’apertura di asili nido, scuole materne, banche, e orari normali per i servizi di trasporto, cosa impossibile nella dimensione attuale di quelle funzioni. Ma il bluff è presto scoperto: la domenica non ci sono frotte di lavoratori che fanno la fila per acquistare generi alimentari, ma persone che decidono di fare “shopping” con molta minor assiduità in tempi di crisi e con gli stipendi fermi.
È del resto difficile pensare che la grande distribuzione ritenga fondamentali per far quadrare i conti 23 domeniche rispetto agli oltre 335 giorni di apertura di apertura consentiti dall’attuale legge. Quando le categorie di Cgil, Cisl, Uil hanno chiesto incontri per verificare questa teoria, le aziende non hanno fornito motivazioni convincenti. Anche per quanto riguarda la concorrenza sulle aree di confine occorre andare oltre i luoghi comuni. Non più tardi di tre mesi fa il vicesindaco di Capodistria aveva spiegato, in un’ intervista, che i clienti triestini sono attratti oltre l’ex confine da un mix di offerte. Mobilio a prezzi concorrenziali, materiale tecnico e articoli di alta tecnologia di ultima generazione per i quali i negozi triestini offrono poca scelta o hanno prezzi meno competitivi, oltre al risparmio sulla benzina.
Il presidente regionale di Confcommercio Rigutti confermava questa visione, sostenendo che il problema «non è fra Trieste e Capodistria, ma tra la grande distribuzione e le piccole imprese», di qua e di là del confine, ma anche dalla concorrenza reciproca all’interno della grande distribuzione triestina tra chi si trova nella perimetrazione del centro e chi ne è fuori. Va ricordato infatti che, per quel che riguarda i centri storici delle città turistiche (i capoluoghi provinciali, Grado e Lignano) vi è la totale liberalizzazione delle aperture: con quanto successo, lo può vedere ad esempio il turista che visita Trieste. Aggiungo che, se si intende toccare la normativa, chiederemo che si cominci dal riconoscimento delle festività previste da leggi e contratti a tutti i lavoratori dei negozi dei centri storici.
Non vorremmo però scoprire che tutto questa fibrillazione, con tanto di assessore dedicato, è rivolta unicamente a risolvere una o due situazioni di ipermercati situati fuori dal centro storico del capoluogo, rischiando di compromettere gli equilibri – anche territoriali – che la legge garantisce. Siamo invece disponibili a discutere di ampliamento, con turnazioni e assunzioni, degli orari dei giorni feriali (esiste anche il sabato). Di assunzioni stabili al posto della diffusione delle forme più estreme di precariato per garantire le aperture domenicali. Siamo interessati ad una politica di modernizzazione del settore capace di accorciare la catena distributiva, di valorizzare i prodotti locali e di favorire il ritorno delle attività commerciali nelle aree urbane. Saranno queste, da parte nostra, le richieste che faremo negli incontri che, finite le ferie, chiederemo all’ assessore e ai capigruppo in Consiglio regionale.
Franco Belci, segretario generale Cgil Fvg