Cresce il lavoro, ma cala quello stabile

Recupera l’occupazione in Friuli Venezia Giulia. Questo dicono i dati Istat, che evidenziano, nonostante una netta flessione congiunturale nel quarto trimestre 2018, la prosecuzione di una tendenza positiva: lo scorso anno, infatti, si è chiuso con un saldo positivo di 5.600 posti rispetto al 2017, con un dato medio di 510.768 occupati, rispetto ai 505.120 dell’anno precedente. Tutto bene, dunque? Purtroppo non è così. Analizzando più a fondo i dati, disponibili nella sezione Osservatorio di questo sito, si confermano e si rafforzano purtroppo due fenomeni: l’aumento dei contratti a termine, che in un solo anno sono passati da 61mila a 72mila,  a scapito di quelli a tempo indeterminato, e del lavoro part-time rispetto a quelli a tempo pieno, che sicuramente non è ftanto il frutto di una scelta volontaria dei lavoratori ma anche, quanto di una riduzione forzata degli orari di lavoro.
UOMINI E DONNE
Venendo ai numeri, tra i dati più incoraggianti c’è sicuramente quello relativo all’occupazione femminile, che aumenta di oltre 4mila unità rispetto al 2017 e addirittura di 8mila rispetto al 2008, indice di una maggiore partecipazione delle donne al mercato del lavoro. A testimoniarlo la crescita delle “attive”, 13mila in più rispetto al 2008, e anche la riduzione della forbice tra disoccupazione maschile e femminile: entrambi i dati, rispettivamente il 5,5 e l’8,1%, sono stabili rispetto al 2017, ma rispetto al 2008 il tasso dei senza lavoro trai maschi è più che raddoppiato (dieci anni prima era del 2,4%), mentre quello tra le femmine è cresciuto in maniera molto più contenuta (dal 6,4 all’8,1%). Complessivamente i disoccupati sono 36.600, sostanzialmente stabili rispetto al 2017.
IL LAVORO POVERO 
Le ombre riguardano le tipologie di lavoro. Focalizzando l’analisi sul lavoro dipendente, come anticipato, si rileva una netta crescita del part-time e dei contratti a termine, sia nel breve che nel lungo periodo. Rispettivamente, infatti, si rilevano ben 85mila rapporti a tempo parziale, contro gli 80mila del 2017 e i 67mila del 2008, e i 72mila contratti a tempi indeterminato già citati in apertura, ben 21mila in più del 2008, e con un balzo di 11mila in un solo anno. Rispetto alla platea totale di 403mila lavoratori dipendenti, il part-time riguarda ormai il 21,8% dei posti, più di 1 su 5, e i contratti a termine il 17,8%, più di uno su 6. Nel confronto con il 2018 il ricorso a questo tipo di contratti rispetto alla platea complessiva dei lavoratori dipendenti è cresciuto rispettivamente del 30 e del 40%, a conferma di una tendenza generale all’impoverimento e alla precarizzazione dell’occupazione.
I GIOVANI
Tra i segnali positivi, oltre alla crescita  degli occupati totali e all’andamento del lavoro femminile, un lieve recupero dell’occupazione giovanile: per il terzo anno consecutivo, infatti, si registra un lieve incremento degli occupati anche tra gli under 35. Dopo il minimo storico di 103mila toccato nel 2015, nella fascia tra i 15 e i 34 anni gli occupati sono lentamente risaliti fino ai 105.500 del 2018. Restano però pur sempre 46.500 in meno rispetto al 2008, a conferma di un generale, forte invecchiamento complessivo del nostro mercato del lavoro. Se dieci anni fa gli under 35 rappresentavano quasi il 30% degli occupati complessivi, dipendenti e autonomi, oggi la percentuale è scesa al 21%: poco più di un lavoratore su 5. Non è solo l’effetto dell’invecchiamento demografico, ma anche della crisi, che ha colpito soprattutto le fasce giovanili, e della generale tendenza, anche per motivi formativi e di studio, a ritardare l’ingresso nel mondo del lavoro.