Donne e rappresentanza, la politica faccia scelte coerenti

Chissà cosa ne pensa il ministro delle Pari opportunità del fatto che, analogamente alla Giunta provinciale di Taranto, decaduta per sentenza del Tar proprio per l’assenza di donne, anche in quella di Pordenone non ci sono assessori di sesso femminile.
Il ministro ha dichiarato che un buon amministratore dovrebbe mostrare sensibilità nei confronti delle donne e garantire un’adeguata rappresentanza della componente femminile in ciascun organismo, a prescindere dalle quote. Apprezzo le sue parole e presumo che il giudizio sia il medesimo nei confronti di tutti i governi locali, indipendentemente dal colore delle maggioranze. La coerenza vuole che non ci siano diversi pesi e misure e che, al di là delle norme, la buona politica non abbia bisogno dei tribunali.
Una presenza importante delle donne negli organismi istituzionali non è un problema di difesa di una minoranza, se non altro perché le donne rappresentano più della metà della popolazione provinciale e regionale.  In questa società, dove la violenza e la prevaricazione verso le donne costituiscono una costante quotidiana, è indispensabile che tutte le istituzioni diano un segnale forte, per garantire una rappresentanza che sia davvero senza discriminazioni. La politica deve avere innanzitutto questa responsabilità e il coraggio di fare delle scelte coerenti.
Quanto alle parole del presidente della Provincia di Pordenone, che giudica il caso di Taranto non paragonabile alla situazione di Pordenone, spiace dover constatare la mancata conoscenza delle norme in materia di autonomie locali da parte dei rappresentanti istituzionali quando si tratta di rispettare i principi di pari opportunità fra uomini e donne. Il Testo Unico del 2000, all’art. 6, comma 3, in coerenza con la legge 125 del 1991, impone a tutti gli statuti locali di «stabilire norme per assicurare condizioni di pari opportunità tra uomo e donna, e di «promuovere la presenza di entrambi i sessi nelle giunte e negli organi collegiali” di ogni ente». Un provvedimento chiaro, la cui mancata applicazione costituisce una violazione.
Le donne in questa provincia sono tante. Lavorano, contribuiscono a formare il reddito regionale, conciliano con tanta fatica il lavoro con la famiglia, quasi che i figli o gli anziani fossero un loro affare privato. Donne che dispongono di piccole e grandi professionalità e che dimostrano grande competenza, che sono presenti in tutti ambiti sociali e produttivi, nei settori pubblici come in quelli privati.
Solo un’ostinata cecità politica e un maschilismo cocciuto possono far pensare che che non si trovino  donne in grado di assumere incarichi istituzionali. Mi auguro che adesso non si invochi l’autonomia della Regione in materia di ordinamento delle autonomie locali per giustificare l’impossibilità di applicare la norma sulle pari opportunità o per addurre qualche forma di incompatibilità statutaria.
Chiedo agli organismi di parità, preposti all’applicazione delle norme in materia di pari opportunità, di fare il loro mestiere e alla politica, quella meno ottusa, di ripristinare corrette condizioni di parità istituzionale evitando di trincerarsi dietro anacronistiche motivazioni. Dal ministro delle Pari opportunità, noi donne ci attendiamo una condotta coerente con le dichiarazioni fatte subito dopo la sentenza su Taranto.
Giuliana Pigozzo, segreteria regionale Cgil Fvg