Immigrazione, manca una politica regionale
Nelle cronache relative al recente incontro del Ministro Sacconi con le parti sociali è stato dato poco risalto all’intervento pronunciato dall’Amministratore delegato di Italia Lavoro, Natale Forlani. Egli ha individuato tre priorità nelle politiche relative al mercato del lavoro: l’occupazione giovanile, quella femminile e la necessità di “governare” l’immigrazione adottando politiche di integrazione. Su tutte e tre le questioni abbiamo assunto da tempo posizione, presentando idee e progetti. Su nessuna di esse è arrivata una risposta convincente dalla Giunta regionale. Ma la più spinosa rimane quella relativa alla mancanza di politiche di accoglienza e integrazione degli immigrati.
La maggioranza subisce la politica discriminatoria messa in campo dalla Lega con i provvedimenti ormai noti. Una politica ottusa: pur di escludere gli immigrati dai benefici del welfare, si tolgono questi diritti anche ai cittadini comunitari e financo ai lavoratori provenienti da altre Regioni. Si tratta di norme rispetto alle quali l’ufficio giuridico della Cgil sta approfondendo le modalità di impugnazione davanti alla Corte Costituzionale, in quanto ledono gli artt. 3 e 32 della Costituzione. Questo accanimento discriminatorio fa violenza non solo a principi etici, ma anche al buon senso e a una valutazione serena ed obiettiva della funzione dei lavoratori migranti nel mercato del lavoro e del loro apporto all’economia regionale. Gli 83.306 cittadini stranieri regolarmente residenti in Regione portano oltre 100 milioni all’anno al sistema tributario regionale e costruiscono il 9% del Pil regionale.
Secondo i dati del Cnel hanno gli indici di stabilità (indicatori che attestano la volontà di risiedere stabilmente in regione) più alti d’Italia. Sono infatti i primi in Italia per reddito (in media 13.035 euro). Secondi per l’ indice socio-occupazionale, che individua il livello di inserimento sociale e lavorativo, con una media di 17 lavoratori stranieri ogni 100. Secondi per numero di aziende con un imprenditore immigrato: 5.676 imprese (il 9% sul totale) che vanno a compensare un saldo negativo regionale di quasi 4000 imprese.
Sul piano più strettamente sociale va sottolineato che i bambini stranieri costituiscono il 9% della popolazione scolastica regionale ed hanno uno dei tassi di abbandono più bassi in Italia. I matrimoni misti costituiscono il 19% del totale (secondi in Italia), ovvero 1 matrimonio su 5 sono tra un italiano e una straniera o viceversa. La percentuale di reati penali commessi da stranieri tra le più basse d’Italia, attorno al 5%. Dunque, un livello di integrazione altissimo, attestato indirettamente anche dall’accessibilità al mercato immobiliare, nel quale siamo, ancora, primi in Italia: l’incidenza percentuale sulla retribuzione annua dei prezzi medi di affitto ammonta infatti al 23% e consente ai lavoratori stranieri di affrontare il problema della casa senza intaccare il reddito in maniera eccessiva. Va poi sottolineata la stabilità di alcuni flussi migratori che portano all’aggregazione professionale intorno a filiere produttive di intere comunità. Le aziende edili triestine sanno di poter contare su operai che arrivano da Kragujevac, cittadina della Serbia, con una solida preparazione professionale che deriva loro da una lunga tradizione e che si inseriscono nella strutturata comunità locale. E Fincantieri si avvale di centinaia di lavoratori bangladesi impiegati dalle ditte in appalto soprattutto nel settore delle coibentazioni, che hanno creato a Monfalcone una vera e propria comunità di oltre 1300 persone che crea a sua volta lavoro. Non sono pochi infatti i casi di famiglie bangladesi che assumono colf o badanti dello stesso Paese.
L’assenza di una politica per l’immigrazione da parte della maggioranza, surrogata da una chiusura ideologica rozza e antistorica, rischia di mettere in discussione questo processo, che finora si è declinato spontaneamente e che è indispensabile alla nostra economia e, più in generale, alla nostra società. In realtà sarebbe necessario l’opposto: la definizione di interventi e strumenti di supporto per rafforzare un processo di integrazione che coniughi diritti di cittadinanza coi doveri che ciascuno è chiamato ad assumere rispetto ai principi della nostra Costituzione.
Franco Belci, Segretario generale Cgil FVG