La solidarietà della Cgil Fvg per i 35 tunisini trattenuti al Cie
La Cgil del Friuli Venezia Giulia scende in campo per sostenere la causa dei 35 tunisini di Redeyef, attualmente trattenuti al Cie di Gradisca d’Isonzo: «La situazione – si legge in un comunicato di Renato Kneipp, della segreteria regionale – deve essere esaminata nel pieno rispetto delle convenzioni internazionali in materia di asilo, della Costituzione e della legislazione vigente, dato che in Tunisia queste persone correrebbero il rischio concreto non solo di una carcerazione arbitraria, ma anche di subire trattamenti durissimi, se non addirittura la tortura. Sollecitiamo quindi la vigilanza delle istituzioni competenti e dell’opinione pubblica sull’evoluzione di questa vicenda. Il rispetto dei diritti umani – si legge ancora nella nota – deve essere garantito e non può essere subordinato ad alcun interesse politico o commerciale nei rapporti con
La vicenda dei 35 tunisini, seguita con la massima attenzione da parte delle associazioni umanitarie sia tunisine che internazionali, è legata alla nascita, nella regione mineraria di Redeyef, di un importante movimento di protesta contro la corruzione, per il lavoro e per i diritti dei lavoratori, oggetto di una violenta repressione antisindacale da parte del governo locale. «Molti dei protagonisti di questa lotta – spiega Kneipp – sono attualmente rinchiusi nelle carceri del proprio paese. Altri, come i 35 richiedenti asilo trattenuti a Gradisca, sono fuggiti per salvarsi dalla repressione e per cercare un luogo in cui poter vivere e lavorare in condizioni dignitose e rispettose dei diritti umani e dei diritti dei lavoratori. Non è chiaro se queste persone, approdate a Lampedusa nel pieno dell’emergenza umanitaria recentemente esplosa nel Cie dell’isola, siano stati messi in condizione di presentare regolare domanda di asilo e se le loro pratiche siano state seguite con l’attenzione necessaria alla loro tutela. Si sa invece che il ministero dell’Interno, prima del trasferimento a Gradisca dei 35 cittadini tunisini, ha impedito l’accesso al Centro a diverse Ong tunisine di tutela dei diritti umani, ma non ai rappresentanti del governo tunisino, esponendo i rifugiati a grandi rischi».