Le ragioni dello sciopero
Lasciamo stare invece i giudizi che provengono dai rappresentanti di un Governo che, esso sì irresponsabile, ha negato per tre anni l’evidenza della crisi e la affronta oggi in tutta fretta e con una congerie di provvedimenti confusi e pasticciati, che cambiano di giorno in giorno. Lasciamo stare in particolare quelli del ministro Sacconi, che opera esplicitamente per dividere il mondo del lavoro e isolare la Cgil, al punto di inserire nella manovra una norma che stravolge l’accordo sulla contrattazione e sulla rappresentanza raggiunto faticosamente meno di due mesi fa da Cgil, Cisl, Uil e Confindustria.
Cercherò di rispondere solo alle critiche avanzate nei confronti dello sciopero anche da chi ha espresso un giudizio negativo sulla manovra. Ora, fin dalle audizioni nelle Commissioni parlamentari la Cgil aveva accompagnato le sue valutazioni a una proposta di contromanovra a saldi immutati. Non contestavamo dunque né la necessità né l’entità della manovra, ma la sua incoerenza, la sua scarsa qualità e la sua impostazione iniqua, che spostava sui redditi da lavoro dipendente e da pensione – direttamente o attraverso i tagli agli Enti locali – la gran parte dei sacrifici necessari a salvare il Paese dalla bancarotta.
Non ho lo spazio per riassumere nel dettaglio le nostre proposte. Ricordo solo che chiediamo un piano strutturale di lotta all’evasione, mentre dei 48 milioni della manovra solo 1 proviene da questo versante. Proponiamo un’imposta ordinaria sulle grandi ricchezze per la quota che eccede gli 800 mila euro, una sui grandi immobili dello stesso valore e l’aumento della tassa di successione. Un contributo di solidarietà sopra i 90 mila euro su tutti i redditi (non solo su quelli da lavoro dipendente). La rimodulazione dei fondi grandi opere, convertendoli dagli interventi insostenibili (Ponte sullo Stretto) a quelli cantierabili. Infine una corretta riduzione dei costi e dei privilegi della politica, e una semplificazione istituzionale che non restringa il perimetro della democrazia. Delle nostre proposte, l’unica recepita riguarda l’innalzamento alla media europea della tassazione sulle rendite finanziarie.
Sono in tanti, del resto, a contestare la manovra: le forze politiche nelle sedi parlamentari; i presidenti delle regioni nel confronto col Governo; i sindaci hanno scelto la piazza, senza che nessuno li accusasse di essere irresponsabili. Una grande organizzazione sociale ha non solo il diritto, ma il dovere di dar voce al disagio e alla rabbia di quelli che rappresenta. Di dare a quei sentimenti espressione collettiva, direzione di marcia ed obiettivi, cercando di creare le condizioni per un cambiamento, attraverso le modalità previste dalla Costituzione: cioè con l’esercizio del diritto di sciopero, con il protagonismo dei lavoratori, che consapevolmente rinunciano a un giorno di stipendio per difendere la loro dignità e i loro diritti.
Non ci incantano i lamenti di chi, dopo aver detto bugie per tre anni, aver portato il Paese sull’orlo del baratro e aver fatto tre manovre in un mese, si strappa ora i capelli perché per un giorno il Paese si fermerà. Quanto ai richiami all’unità sindacale, quell’unità l’avevamo raggiunta il 28 giugno. È gravissima la responsabilità di chi ha voluto romperla e di chi ha subito quella volontà, rinunciando ancora una volta, dopo averlo rivendicato a parole, all’autonomo esercizio del proprio ruolo contrattuale.
Franco Belci, segretario generale Cgil Fvg