Mobbing e discriminazioni sul lavoro, casi in aumento
Oltre 500 casi di mobbing, 350 segnalazioni di possibili comportamenti discriminatori. Per un totale di quasi 900 casi, nella maggioranza dei casi relativi a lavoratrici, seguiti e “certificati” negli ultimi dieci anni nella sola provincia di Trieste. Numeri che allarmano il sindacato, quelli segnalati da Gerarda Urcioli (punto d’ascolto mobbing) e Gabriella Taddeo (consigliera di parità) in occasione del seminario dedicato a mobbing, discriminazioni e molestie sul lavoro, organizzato questa mattina a Udine dalla Fisac, la categoria Cgil che tutela i lavoratori del credito e delle assicurazioni. «Siamo di fronte a un fenomeno sottostimato – dichiara Orietta Olivo, responsabile welfare, lavoro e pari opportunità della segreteria regionale Cgil – perché i casi segnalati o denunciati, che stimiamo in un numero vicino ai 500 all’anno nella nostra regione, rappresentano soltanto la punta dell’iceberg. E’ molto più frequente, infatti, che i lavoratori e soprattutto le lavoratrici tacciano, soprattutto quando il loro è un impiego precario, la cui durata e le cui condizioni dipendono dalla discrezionalità del datore di lavoro. Se è vero come è vero che la crisi rende più debole ed esposto chi lavoro, è necessario potenziare gli strumenti di contrasto a questi fenomeni. Strumenti come il protocollo contro le molestie siglato recentemente da Cgil-Cisl-Uil con le organizzazioni imprenditoriali della cooperazione e del lavoro agricolo, e che confidiamo di sottoscrivere nelle prossime settimane, con gli stessi contenuti, con Confcommercio».
Al centro del seminario di Udine, che ha visto anche l’intervento della consigliera regionale di parità Roberta Nunin, non soltanto le ripercussioni individuali, ma anche i “costi sociali” degli atteggiamenti discriminatori e del mobbing in ambiente di lavoro. Con danni non soltanto per il lavoratore, ma anche per l’azienda (in termini di minore produttività, aumento del rischio infortuni e della conflittualità) e per la collettività, viste le ripercussioni sul servizio sanitario (cure, farmaci, ecc) e sul sistema previdenziale (malattie, infortuni, minore gettito contributivo). Guardando alle sole conseguenze economiche, che pure non rappresentano l’aspetto più grave del fenomeno, l’Osservatorio mobbing dell’università di Sapienza ha stimato in una media di 1.894 euro all’anno il costo per ogni persona mobbizzata, da moltiplicare per un numero di casi che, compresi quelli silenti, viene stimato ben oltre i 500mila. Da qui, ha concluso Olivo, «la necessità che le politiche di contrasto al mobbing e alle discriminazioni non siano una prerogativa esclusiva del sindacato e delle istituzioni preposte, ma diventino un obiettivo condiviso anche dalle aziende».