No ai ricatti occupazionali contro i lavoratori del commercio
Sono stupito dalle reazioni di esponenti di alcune forze politiche di fronte alla minaccia di Cgil, Cisl, Uil di scendere in piazza se dentro la maggioranza di centro-destra prevalesse l’idea di fare dietrofront sul cosiddetto ddl Ciriani.
Abbiamo scioperato contro la riforma del centro-sinistra e abbiamo accolto con favore l’impegno del presidente Tondo di modificarla. Così come l’hanno accolto molti lavoratori che proprio su quella base lo hanno votato. Perciò, se la maggioranza snaturasse un testo già uscito ammorbidito rispetto alle promesse elettorali, le riserveremmo esattamente lo stesso trattamento che abbiamo riservato a quella precedente. Piuttosto, siamo noi stupiti del tardivo pentimento di alcuni esponenti del centro-destra, a cominciare dai sindaci di Trieste e Gorizia che non abbiamo sentito tuonare in campagna elettorale contro l’impegno assunto da Tondo. Ma, si sa, acquisito il consenso, ci si può rimangiare la promessa, tanto in cinque anni la gente dimentica. Una dimostrazione lampante della caduta di tensione etica nella politica che rischia di allontanare ulteriormente i cittadini.
L’accusa che qualche consigliere della maggioranza ci fa, con toni decisamente fuori spartito è quella di avere a cuore solo le esigenze dei lavoratori e non quelle dell’utenza e di essere i potenziali responsabili di futuribili licenziamenti a catena, per la mancata liberalizzazione delle aperture nelle domeniche nelle zone nelle quali maggiore è la concorrenza con
Posto che l’orario di apertura dei negozi non può essere adattato alle pur rispettabilissime esigenze familiari dell’on. Menia, quella della concorrenza sugli orari è un’argomentazione che non tiene. La concorrenza infatti si fa sui prezzi e sulla struttura della rete commerciale. Sarebbe perciò auspicabile, che – a cominciare da Trieste e Gorizia – fosse concordata tra istituzioni, associazioni del commercio e sindacati una politica di contenimento di prezzi e tariffe e che le associazioni stesse facessero sintesi di interessi spesso opposti, promuovendo una politica di sistema. Sui paventati licenziamenti non mi soffermo neanche. Dico solo che è inaccettabile che per difendere la logica del massimo profitto si mettano in campo simili ricatti. Oltretutto è proprio nel settore del commercio che viene praticata ogni strada verso la precarietà del rapporto di lavoro.
Siamo perfettamente d’accordo invece sulla tutela dei diritti dell’utenza. Ma ad essi si può dare risposta senza ricorrere alla totale liberalizzazione delle aperture domenicali. Basterebbe articolare diversamente gli orari di apertura nei giorni feriali coordinandoli con le esigenze di chi lavora ed estendendo dunque le fasce orarie di apertura, soluzione prevista peraltro dal contratto nazionale del Commercio e sulla quale si può aprire un confronto.
Rimangono le questioni della perimetrazione dei centri storici, che rischia di produrre effettivamente situazioni paradossali, e quella delle aperture domenicali in quelle zone. Esse peraltro non possono essere risolte solo dalla legge, ma devono trovare soluzioni di natura pattizia tra istituzioni, associazioni dei commercianti e organizzazioni sindacali. Noi siamo disponibili a discuterne, partendo comunque dal presupposto che vanno garantiti i riposi per le feste civili e religiose individuate dalla normativa. Forse in questo modo potremo trovare un equilibrio tra le esigenze dell’utenza e quelle dei lavoratori, evitando che la politica – invece di cercare mediazioni tra tutti gli interessi in campo, come dovrebbe fare – cerchi invece di mettere gli uni contro gli altri.