Occupazione, il segno più ancora non c’è
L’emorragia di posti di occupati forse si è fermata, ma dal mercato del lavoro ancora non arrivano segnali chiari di un’inversione di tendenza. Anzi: i dati, specie se analizzati con una logica di medio periodo, confermano l’aggravarsi dell’emergenza lavoro per i giovani, le principali vittime della crisi, più colpiti di quanto non dica il semplice dato del tasso di disoccupazione. Questa, in estrema sintesi, l’analisi tracciata dal segretario della Cgil Fvg Franco Belci nella sua conferenza stampa di fine anno, convocata per fare il punto su un 2015 ancora caratterizzato dall’incertezza delle prospettive di ripresa. «Il ritorno al segno più alla voce Prodotto interno lordo, molto enfatizzato dal Governo, è ancora troppo timido per tradursi in una vera ripresa, soprattutto sul versante occupazionale», spiega Belci, prudente anche sull’aumento dei contratti a tempo indeterminato, molto marcato in regione, dove si registra l’incremento percentuale più alto a livello nazionale.
«E’ vero che i contratti stabili in regione crescono di oltre 70 punti – osserva il segretario Cgil – ma nell’ambito del tempo indeterminato il saldo tra assunzioni e cessazioni resta negativo, sia pure di poco. L’indubbio effetto propulsivo degli sgravi contributivi, inoltre, andrà misurato nell’arco del triennio di durata della misura: a partire dal secondo anno, visato il meccanismo degli sgravi, licenziare diventa infatti meno costoso rispetto al primo anno». Ma la prudenza è d’obbligo anche alla luce dei dati Istat: «Vero che i primi nove mesi del 2015 hanno fatto segnare tre incrementi consecutivi dei posti, ma il dato medio di quest’anno, 496mila occupati, segna una ripresa minima rispetto ai 495mila dello scorso anno, che rappresentavano il picco negativo degli ultimi dieci anni, e con l’8,4% il tasso di disoccupazione è il più alto a Nordest».
Il Fvg, rimarca Belci, chiuderà un altro anno, il terzo di fila, sotto la soglia dei 500mila occupati, consolidando una perdita di oltre 25mila posti rispetto ai dati pre-crisi. «Questo – commenta ancora il segretario – è un dato che ci preoccupa sia in termini assoluti, ma soprattutto in relazione a come sta mutando la composizione demografica del nostro mercato del lavoro: un mercato del lavoro che invecchia a passi da gigante, se è vero come è vero che gli under 35 occupati sono oltre 45mila in meno rispetto al 2008. Se si confrontano occupati e residenti, si scopre che nella fascia 15-24 anni oggi lavora il 24% della popolazione, contro il 37% del 2008, e nella fascia 25-34 anni, la più indicativa perché meno condizionata dai percorsi scolastici, solo il 75%, contro l’87% del 2008».
L’effetto combinato della crisi e della legge Fornero, questa l’analisi Cgil, ha spostato drammaticamente in avanti l’ingresso dei giovani nel mercato del lavoro. «Con la conseguenza che cresce il numero di persone senza lavoro, senza reddito e non impegnati in percorsi di istruzione o formazione, i cosiddetti Neet, e che le fondamenta del nostro welfare, a partire dal sistema previdenziale, appaiono più deboli, a dispetto di chi le voleva consolidare a colpi di rigore e di aumenti insostenibili dell’età pensionabile. Rischia così di tornare a fermarsi non solo l’occupazione, ma anche quel volano demografico che aveva cominciato lentamente a ripartire, grazie soprattutto alla spinta degli immigrati, il cui apporto è stato negli ultimi vent’anni uno dei principali fattori si sviluppo economico e sociale, anche se in molti preferiscono dimenticarsente».
In questi numeri, per Belci, la migliore dimostrazione che «cambiare la legge Fornero è una delle grandi priorità di questo Paese, come chiedono con insistenza Cgil, Cisl e Uil a tutti i livelli, nell’ambito di una mobilitazione che per il sindacato è la madre di tutte le battaglie». Ma i dati, per Belci, devono essere anche uno stimolo per la Giunta, chiamata a intensificare gli sforzi a sostegno della ripresa. «Se è vero che il 2015 ha dato segnali importanti su questo versante, dal Rilancimpresa fino al ruolo svolto dalla Giunta in tante vertenze aziendali, dobbiamo essere consapevoli di essere ancora alla metà del guado, evitando di interpretare con un ingiustificato eccesso di ottimismo i segnali che arrivano dal mercato del lavoro». Un analogo sforzo, per Belci, dovrà essere fatto «per portare al traguardo quel percorso riformatore che ha nella sanità, nell’introduzione del reddito di base e nel riordino degli enti locali i suoi banchi di prova più importanti, e che vivrà nel 2016 la sua fase cruciale, fondamentale per tracciare un bilancio delle politiche di questa Giunta». Un bilancio che finoras, per Belci, va considerato positivo, specie se raffrontato alle politiche di un Governo nazionale che sul mercato del lavoro «sono sicuramente politiche di centrodestra».
Le criticità, però, non mancano neppure nel confronto con la Giunta. «Anche – spiega Belci – nella sanità, un settore nel quale, pur avendo condiviso i principi della riforma e valutando positivamente l’operato dell’assessore Telesca, chiediamo da subito un impegno nero su bianco per far fronte all’emergenza personale, con un accordo specifico che preveda almeno 150 nuovi posti di lavoro oltre ai 170 già messi a concorso». Ma è soprattutto sul versante delle politiche del lavoro che la Cgil rivendica l’esigenza di un impegno più stringente, «evitando un ingiustificato ottimismo nella lettura dei dati e uscendo da quella politica dell’ordinaria amministrazione che ha caratterizzato finora l’azione dell’assessorato».
«E’ vero che i contratti stabili in regione crescono di oltre 70 punti – osserva il segretario Cgil – ma nell’ambito del tempo indeterminato il saldo tra assunzioni e cessazioni resta negativo, sia pure di poco. L’indubbio effetto propulsivo degli sgravi contributivi, inoltre, andrà misurato nell’arco del triennio di durata della misura: a partire dal secondo anno, visato il meccanismo degli sgravi, licenziare diventa infatti meno costoso rispetto al primo anno». Ma la prudenza è d’obbligo anche alla luce dei dati Istat: «Vero che i primi nove mesi del 2015 hanno fatto segnare tre incrementi consecutivi dei posti, ma il dato medio di quest’anno, 496mila occupati, segna una ripresa minima rispetto ai 495mila dello scorso anno, che rappresentavano il picco negativo degli ultimi dieci anni, e con l’8,4% il tasso di disoccupazione è il più alto a Nordest».
Il Fvg, rimarca Belci, chiuderà un altro anno, il terzo di fila, sotto la soglia dei 500mila occupati, consolidando una perdita di oltre 25mila posti rispetto ai dati pre-crisi. «Questo – commenta ancora il segretario – è un dato che ci preoccupa sia in termini assoluti, ma soprattutto in relazione a come sta mutando la composizione demografica del nostro mercato del lavoro: un mercato del lavoro che invecchia a passi da gigante, se è vero come è vero che gli under 35 occupati sono oltre 45mila in meno rispetto al 2008. Se si confrontano occupati e residenti, si scopre che nella fascia 15-24 anni oggi lavora il 24% della popolazione, contro il 37% del 2008, e nella fascia 25-34 anni, la più indicativa perché meno condizionata dai percorsi scolastici, solo il 75%, contro l’87% del 2008».
L’effetto combinato della crisi e della legge Fornero, questa l’analisi Cgil, ha spostato drammaticamente in avanti l’ingresso dei giovani nel mercato del lavoro. «Con la conseguenza che cresce il numero di persone senza lavoro, senza reddito e non impegnati in percorsi di istruzione o formazione, i cosiddetti Neet, e che le fondamenta del nostro welfare, a partire dal sistema previdenziale, appaiono più deboli, a dispetto di chi le voleva consolidare a colpi di rigore e di aumenti insostenibili dell’età pensionabile. Rischia così di tornare a fermarsi non solo l’occupazione, ma anche quel volano demografico che aveva cominciato lentamente a ripartire, grazie soprattutto alla spinta degli immigrati, il cui apporto è stato negli ultimi vent’anni uno dei principali fattori si sviluppo economico e sociale, anche se in molti preferiscono dimenticarsente».
In questi numeri, per Belci, la migliore dimostrazione che «cambiare la legge Fornero è una delle grandi priorità di questo Paese, come chiedono con insistenza Cgil, Cisl e Uil a tutti i livelli, nell’ambito di una mobilitazione che per il sindacato è la madre di tutte le battaglie». Ma i dati, per Belci, devono essere anche uno stimolo per la Giunta, chiamata a intensificare gli sforzi a sostegno della ripresa. «Se è vero che il 2015 ha dato segnali importanti su questo versante, dal Rilancimpresa fino al ruolo svolto dalla Giunta in tante vertenze aziendali, dobbiamo essere consapevoli di essere ancora alla metà del guado, evitando di interpretare con un ingiustificato eccesso di ottimismo i segnali che arrivano dal mercato del lavoro». Un analogo sforzo, per Belci, dovrà essere fatto «per portare al traguardo quel percorso riformatore che ha nella sanità, nell’introduzione del reddito di base e nel riordino degli enti locali i suoi banchi di prova più importanti, e che vivrà nel 2016 la sua fase cruciale, fondamentale per tracciare un bilancio delle politiche di questa Giunta». Un bilancio che finoras, per Belci, va considerato positivo, specie se raffrontato alle politiche di un Governo nazionale che sul mercato del lavoro «sono sicuramente politiche di centrodestra».
Le criticità, però, non mancano neppure nel confronto con la Giunta. «Anche – spiega Belci – nella sanità, un settore nel quale, pur avendo condiviso i principi della riforma e valutando positivamente l’operato dell’assessore Telesca, chiediamo da subito un impegno nero su bianco per far fronte all’emergenza personale, con un accordo specifico che preveda almeno 150 nuovi posti di lavoro oltre ai 170 già messi a concorso». Ma è soprattutto sul versante delle politiche del lavoro che la Cgil rivendica l’esigenza di un impegno più stringente, «evitando un ingiustificato ottimismo nella lettura dei dati e uscendo da quella politica dell’ordinaria amministrazione che ha caratterizzato finora l’azione dell’assessorato».