Quale futuro per l’università? Confronto Serracchiani-Cgil
Come invertire la rotta imboccata da diversi anni dal sistema universitario, che a causa dei tagli segna un progressivo arretramento dell’Italia rispetto agli altri Stati europei? Questo l’interrogativo sul quale si confronteranno lunedì 17 ottobre a Udine la presidente della Regione Debora Serracchiani, la presidente della Commissione Cultura della Camera dei Deputati Manuela Ghizzoni e Francesco Sinopoli, della segreteria nazionale Flc-Cgil, protagonisti della tavola rotonda “Quale università per quale Paese”, organizzata dalla stessa Flc, il sindacato scuola, università e ricerca della Cgil. Il dibattito, moderato dal ricercatore Sergio Zilli, esponente Flc e membro del tavolo di coordinamento tra le università regionali, si terrà dalle 12 alle 14 a Palazzo Antonini (Sala Gusmani), sede delle facoltà umanistiche dell’ateneo friulano, in via Petracco 8.
«Questa iniziativa – spiega il segretario regionale della Flc Adriano Zonta – risponde all’obiettivo di rilanciare un dibattito sul ruolo e sul futuro dell’università. Non solo nel Paese, ma anche in questa regione, che si è dotata di una legge specifica per sostenere il proprio sistema universitario, forte di tre atenei (Trieste, Udine e Sissa, ndr) e di una rete di centri di ricerca che vanno posti in stretta relazione con un apparato economico fortemente incentrato sul manifatturiero». Da qui la necessità di riflettere sui deficit dell’università italiana rispetto al resto d’Europa: il numero di laureati più basso, un rapporto studenti/docenti in costante crescita, il diritto allo studio meno garantito, i tagli nei finanziamenti alla ricerca, alle strutture e al personale. «Deficit, questi, – conclude Zonta – che rendono più precario anche il futuro delle università regionali».
«Questa iniziativa – spiega il segretario regionale della Flc Adriano Zonta – risponde all’obiettivo di rilanciare un dibattito sul ruolo e sul futuro dell’università. Non solo nel Paese, ma anche in questa regione, che si è dotata di una legge specifica per sostenere il proprio sistema universitario, forte di tre atenei (Trieste, Udine e Sissa, ndr) e di una rete di centri di ricerca che vanno posti in stretta relazione con un apparato economico fortemente incentrato sul manifatturiero». Da qui la necessità di riflettere sui deficit dell’università italiana rispetto al resto d’Europa: il numero di laureati più basso, un rapporto studenti/docenti in costante crescita, il diritto allo studio meno garantito, i tagli nei finanziamenti alla ricerca, alle strutture e al personale. «Deficit, questi, – conclude Zonta – che rendono più precario anche il futuro delle università regionali».