Rompiamo le pareti di cristallo!
Rompiamo le pareti di cristallo! E lo facciamo insieme alla Confederazione europea dei sindacati (Ces) che In occasione della Giornata internazionale della donna lancia un allarme e invita a rompere le pareti di cristallo che segregano i sessi nelle diverse occupazioni nel mondo del lavoro, impedendo l’effettiva uguaglianza di genere nel mercato del lavoro.
Nessun paese in Europa è immune dalla disparità fra uomini e donne ed è preoccupante che negli ultimi anni sia aumentata ovunque. Ma in Italia è aumentata ancora di più, le discriminazioni e le disuguaglianze sono in continua crescita e molto più accentuate che in altri Paesi.
Le donne continuano ad essere frenate non solo dai soffitti di cristallo che ne bloccano il percorso di carriera, ma anche da pareti di cristallo, che segregano il genere femminle in particolari posti di lavoro e lo escludono da altri. Le cifre sono forti: il Global gender gap report dell World Economic Forum che misura il divario di genere nel mondo piazza l’Italia al 41esimo posto su 145 paesi. E se guardiamo alle opportunità economiche delle donne, solo Turchia e Malta fanno peggio di noi in Europa.
Siamo al 111° posto su 145 paesi con il 13% di disoccupazione femminile. Non c’è nessun paese avanzato messo male come il nostro, ci collochiamo tra gli ultimi insieme a Cuba, Messico, Arabia Saudita e Bangladesh. E negli ultimi dieci anni abbiamo solo peggiorato.
Solo il 51% delle donne lavora, contro il 74% degli uomini. Non solo, una italiana in media guadagna 0,47 centesimi per ogni euro guadagnato da un uomo, e una donna su 4 lascia il lavoro quando aspetta un figli: dopo la maternità continuano a lavorare solo 43 donne su 100.
Le donne più degli uomini sono relegate nello svolgimento di lavori con contratti precari e con part-time spesso involontari. Combattono con la discontinuità lavorativa, a causa della difficile conciliazione tra lavoro e famiglia, che si traduce spesso in una scelta dolorosa fra lavoro e famiglia, e che si riflette negativimente anche nell’età pensionabile, con pensioni più basse del 40% rispetto a quelle degli uomini. Si deve fare di più per consentire alle donne di entrare, rimanere e progredire in occupazioni che sono considerate maschili. Allo stesso tempo, i salari e le condizioni di lavoro devono crescere nei settori più femminilizzati.
Troppi soffitti e muri di cristallo ci separano. Questo spreco di talenti, queste vistose disuguaglianze e discriminazioni, sono un male sia per le donne che per gli uomini. E quando si perdono potenzialità e possibilità, ci perdono tutti. Il raggiungimento di una parità effettiva tra uomini e donne dovrebbe essere una delle priorità del Governo italiano. Che cosa aspetta?
Nessun paese in Europa è immune dalla disparità fra uomini e donne ed è preoccupante che negli ultimi anni sia aumentata ovunque. Ma in Italia è aumentata ancora di più, le discriminazioni e le disuguaglianze sono in continua crescita e molto più accentuate che in altri Paesi.
Le donne continuano ad essere frenate non solo dai soffitti di cristallo che ne bloccano il percorso di carriera, ma anche da pareti di cristallo, che segregano il genere femminle in particolari posti di lavoro e lo escludono da altri. Le cifre sono forti: il Global gender gap report dell World Economic Forum che misura il divario di genere nel mondo piazza l’Italia al 41esimo posto su 145 paesi. E se guardiamo alle opportunità economiche delle donne, solo Turchia e Malta fanno peggio di noi in Europa.
Siamo al 111° posto su 145 paesi con il 13% di disoccupazione femminile. Non c’è nessun paese avanzato messo male come il nostro, ci collochiamo tra gli ultimi insieme a Cuba, Messico, Arabia Saudita e Bangladesh. E negli ultimi dieci anni abbiamo solo peggiorato.
Solo il 51% delle donne lavora, contro il 74% degli uomini. Non solo, una italiana in media guadagna 0,47 centesimi per ogni euro guadagnato da un uomo, e una donna su 4 lascia il lavoro quando aspetta un figli: dopo la maternità continuano a lavorare solo 43 donne su 100.
Le donne più degli uomini sono relegate nello svolgimento di lavori con contratti precari e con part-time spesso involontari. Combattono con la discontinuità lavorativa, a causa della difficile conciliazione tra lavoro e famiglia, che si traduce spesso in una scelta dolorosa fra lavoro e famiglia, e che si riflette negativimente anche nell’età pensionabile, con pensioni più basse del 40% rispetto a quelle degli uomini. Si deve fare di più per consentire alle donne di entrare, rimanere e progredire in occupazioni che sono considerate maschili. Allo stesso tempo, i salari e le condizioni di lavoro devono crescere nei settori più femminilizzati.
Troppi soffitti e muri di cristallo ci separano. Questo spreco di talenti, queste vistose disuguaglianze e discriminazioni, sono un male sia per le donne che per gli uomini. E quando si perdono potenzialità e possibilità, ci perdono tutti. Il raggiungimento di una parità effettiva tra uomini e donne dovrebbe essere una delle priorità del Governo italiano. Che cosa aspetta?