Sanità, una riforma da abrogare
Come abbiamo affermato in tempi non sospetti, quella approvata dal Consiglio non è una riforma della sanità, ma un semplice ritocco degli assetti istituzionali.
Tondo l’ha dapprima presentata come operazione volta a produrre risparmi. Poi, di fronte alla dimostrazione della loro inconsistenza, ha spiegato che attraverso la legge si potrà garantire l’erogazione uniforme dei servizi sul territorio regionale. Come lo si possa fare dimezzando il numero dei distretti e dei dipartimenti e allontanando dal cittadino l’accesso al sistema non è dato sapere, salvo che si voglia ottenere questa uniformità livellando verso il basso. Dunque un salto nel buio, col rischio di produrre, al contrario, maggiori costi che potrebbero derivare dall’imposizione dell’assetto istituzionale a un sistema organizzativo che è strutturato secondo una logica diversa, che non viene toccata.
In realtà la legge elude i veri nodi, che si possono così sintetizzare: rafforzamento della programmazione come asse primario delle politiche sanitarie, supportata da strumenti di monitoraggio, informazione e valutazione sulle performance dei servizi; potenziamento della prevenzione (che invece la legge indebolisce), attraverso un’azione volta a modificare gli stili di vita e con un adeguato sistema di cure primarie che faccia da filtro al ricovero ospedaliero; generalizzazione del criterio dell’appropriatezza degli interventi attraverso linee-guida e percorsi diagnostico-terapeutici e infine sostegno all’integrazione e alla continuità assistenziale.
Da qui, e non da questa legge spot deriverebbero anche significativi risparmi. Chiederemo al centro sinistra, qualora andasse al governo della Regione, di abrogarla e di aprire un confronto che parta dai problemi reali del sistema. In caso contrario valuteremo la possibilità di ricorrere al referendum abrogativo.
Franco Belci, segretario generale Cgil FVG