Sciopero Amazon, segnale importante anche dal Friuli Venezia Giulia
«E’ stato dato un segnale importante a una multinazionale che non può pensare di restare una zona franca rispetto ai diritti sindacali e alla contrattazione». Il segretario generale della Cgil Friuli Venezia Giulia Villiam Pezzetta traccia così un primo bilancio della giornata di sciopero indetta oggi dai sindacati di categoria per tutti i lavoratori impegnati nella filiera di Amazon. «Lavoratori con tipologie contrattuali e inquadramenti che possono essere profondamente diversi, ma legati dal comune denominatore della precarietà, di ritmi di lavoro che crescono a ritmi insostenibili, di trattamenti economici non commisurati alla pesantezza dei turni», ricordano Pezzetta e Valentino Lorelli, segretario regionale della Filt-Cgil, il sindacato dei trasporti che ha proclamato la protesta assieme a Fit-Cisl e Uiltrasporti.
Difficile ricostruire percentuali di adesione su base locale, vista la frammentarietà della filiera e l’eterogeneità delle figure coinvolte. A livello nazionale i sindacati stimano un’adesione superiore al 70% tra i driver, ma l’astensione di oggi coinvolge tutti i lavoratori della catena logistica, dai magazzini alla consegna, coinvolgendo sia i dipendenti diretti che il vastissimo indotto del colosso americano. Un indotto che a livello nazionale comprende una platea non inferiore ai 40mila addetti, di cui almeno 400 in regione, dove Amazon conta due poli logistici, Fiume Veneto e Sgonico (Trieste), e un magazzino alle porte di Udine.
«Dopo lo stop delle trattative sul contratto integrativo di filiera – spiegano ancora Pezzetta e Lorelli – è stata data una prima risposta organizzata alla multinazionale, che è la premessa per riprendere un tavolo di trattativa lanciando un messaggio chiaro: se Amazon vuole continuare a crescere in Italia deve instaurare un corretto sistema di relazioni sindacali e investire sulla qualità del lavoro, perché la crescita del commercio-online non può passare attraverso un ricorso sempre più esasperato alla precarietà e al dumping contrattuale. Il colosso americano può e deve portare buona occupazione, riconoscendo i diritti e le tutele dei lavoratori e in un quadro complessivo che, a livello nazionale ed europeo, deve essere quello di una competizione alla pari, anche sul piano fiscale, previdenziale e contrattuale, con le aziende del commercio tradizionale, un tessuto messo a durissima prova dalla crisi ma che resta fondamentale per la tenuta economica, sociale e occupazionale del nostro Paese e di questa regione».