Unicredit e megaporto, più dubbi che certezze
Le recenti vicende che riguardano la ristrutturazione del gruppo Unicredit e la sua esposizione nella Lucchini gettano ulteriori ombre sul progetto del cosiddetto “megaporto”. Finora esso è stato soltanto enunciato, sono stati definiti gli assetti proprietari della “società di corridoio”, sono stati disegnati scenari giuridici, peraltro in un singolare capovolgimento di ruoli, nel quale un privato detta le regole allo Stato, ponendo quale vincolo la nomina di un Commissario straordinario.
Si è cioè cominciato dal tetto e non dalle fondamenta. Governo e Regione hanno detto di sì a tutto, dimostrando una preoccupante subalternità al gruppo bancario, ammettendo tuttavia che non esiste ancora un progetto che contenga investimenti previsti e stime sui traffici e rinviando dunque un confronto di merito.
Nel frattempo Unicredit ha proposto lo stesso progetto al Porto di Venezia. Ma allora di cosa si discute? E soprattutto di cosa si discute in un momento di ridefinizione degli assetti proprietari, di calo in Borsa, di una ristrutturazione che prevede 7.200 esuberi senza un piano industriale e che sembra prefigurare un rientro a tappe forzate nel “core business”.
Chiediamo alla Regione che sia aperto un confronto serio e trasparente, nel quale siano resi espliciti nel dettaglio tutti gli elementi di merito. Altrimenti saremo legittimati a credere che si tratti di una pura operazione di facciata e magari di una passerella per qualche persona, che aspira a fare il “supercommissario di assoluta competenza tecnica e professionale” rivendicato da Unicredit prima ancora di mettere in campo un progetto credibile.
Franco Belci, segretario generale Cgil Fvg