«Codice degli appalti, Regione e sindaci dicano no alle modifiche del Governo»
«Le proposte di modifica al Codice degli Appalti, in discussione in questi giorni in Parlamento, sono destinate a ridurre, se approvate, trasparenza, legalità, tutele e diritti di migliaia e migliaia di lavoratori e lavoratrici nei cantieri, nelle scuole, negli uffici, negli ospedali della nostra regione e dell’intero Paese». È l’allarme lanciato dalla Cgil Friuli Venezia Giulia in una lettera inviata in questi giorni al governatore Massimiliano Fedriga, ai sindaci della regione e ai prefetti. L’indice è puntato sulle norme, proposte dal Governo, tese a modificare il decreto legislativo 36/2023, più noto come Codice degli Appalti, attualmente al vaglio delle commissioni parlamentari.
«Nel solo Friuli Venezia Giulia – dichiara Daniela Duz, responsabile delle politiche degli appalti nella segreteria regionale Cgil – nel 2023 sono stati spesi in appalti pubblici oltre 4,7 miliardi, di cui 1.348.824.412 euro per forniture, 1.796.468.898 euro in appalti di servizi, 1.571.958.632 euro in appalti di lavori. Oltre a favorire ulteriormente affidamenti diretti e senza gara, ampliare il ricorso ai subappalti, abrogare il rating di legalità, le nuove norme proposte dal Governo farebbero venire meno la corretta applicazione dei Contratti collettivi di lavoro firmati dalle organizzazioni realmente rappresentative, favorendo dumping e concorrenza sleale, riduzione dei salari e delle tutele in materia di salute e sicurezza. Tutto questo mentre le piaghe del lavoro povero e degli infortuni continuano ad aggravarsi, come ci dimostrano purtroppo le tragiche cronache di questi giorni».
Daniela Duz, segreteria regionale Cgil Fvg, delega alle politiche degli appalti
Se passassero le modifiche proposte dal Governo, denuncia la Cgil, «le norme consentirebbero di applicare Ccnl con meno tutele e salari più bassi, in base non alla tipologia dell’appalto, ma alla dimensione o alla natura giuridica dell’impresa, o anche Ccnl diversi da quelli indicati dalla stazione appaltante, rendendo possibili regimi peggiorativi anche in materia di orario, ferie, straordinari e su altri importanti capitoli contrattuali, violando anche il principio della legge delega che stabilisce la parità di tutele economiche e normative». Anche contratti firmati da sindacati “gialli” e da associazioni di imprese con pochissimi aderenti e non riconosciuti come comparativamente più rappresentativi, secondo la Cgil, rischiano di essere ritenuti validi, «a danno dei lavoratori ma anche delle imprese serie». A rischio, inoltre, la norma che oggi riconosce ai lavoratori, a fonte dello stesso lavoro, il diritto ad avere lo stesso Ccnl dell’impresa appaltante. «Tutto questo – spiega ancora Duz – non solo colpirà i diritti e le condizioni di vita di chi lavora negli appalti, ma produrrà ancora più incertezze normative, rendendo più difficile da parte delle pubbliche amministrazioni, dei sindaci, delle aziende sanitarie gestire l’affidamento di servizi o appalti di opere, con un sensibile aumento dei contenziosi legali e delle vertenze. Ecco perché – conclude la sindacalista – chiediamo a tutte le forze politiche, a tutte le associazioni datoriali, alle istituzioni locali, ai deputati e senatori eletti nei nostri territori, di far sentire la propria voce, affinché il Governo ritiri le proposte di modifica del Codice Appalti, come chiesto da tutte le organizzazioni sindacali ascoltate in Parlamento e da molte delle grandi associazioni di impresa, che sollecitano nel contempo l’apertura di un tavolo di confronto serio con le organizzazioni realmente rappresentative, assumendo la qualità e la difesa dei salari, dei diritti dei lavoratori e delle lavoratrici, della salute e sicurezza come stella polare, soprattutto quando si parla di risorse pubbliche».