Liste di attesa, il privato non è la soluzione
La strada maestra per ridurre le liste di attesa passa per un’adeguata remunerazione delle professioni sanitarie, a partire dal rinnovo dei contratti nazionali. Un incremento delle risorse per le prestazioni erogate dal privato accreditato, invece, sarebbe un ulteriore passo nella direzione sbagliata. È quanto sostiene la Cgil Friuli Venezia Giulia, con il segretario generale Michele Piga e con Orietta Olivo, leader regionale della Funzione pubblica, che replicano a quanto affermato nei giorni scorsi dal direttore generale di Agenas Domenico Mantoan, favorevole a un aumento dei budget destinati ai servizi erogati in convenzione dalle strutture private.
«Per valorizzare il personale e il lavoro in sanità – dichiarano Piga e Olivo, in un comunicato ripreso dal Piccolo e dal Messaggero Veneto di oggi, in replica alle parole di Mantoan – il primo passo da fare è migliorare le retribuzioni. Peccato che le risorse messe a disposizione dal Governo per il rinnovo contrattuale siano del tutto insufficienti e che il contratto dei medici, appena firmato, riguardi il triennio 2016-2018. Da qui la fuga di personale medico e infermieristico, che aggiunge disagio al disagio, allargando i vuoti e rendendo sempre più pesanti i carichi di lavoro. Questa la spirale perversa imboccata da anni, senza che nessuno, Governo e Regione, abbia mosso un passo per cambiare concretamente questo stato di cose».
Le stesse riflessioni sull’appropriatezza delle prestazioni, legate all’incremento di alcuni tipi di prescrizioni, hanno senso secondo la Cgil solo all’interno di una salda regia pubblica del sistema, basata sugli investimenti in prevenzione, su un rafforzamento della sanità pubblica territoriale e su adeguati meccanismi di presa in carico delle persone. «La realtà che abbiamo sotto gli occhi – dichiarano ancora Piga e Olivo – va invece in un’altra direzione: da un lato l’aumento del ricorso al privato, dall’altro un numero crescente di persone che rinunciano a curarsi, perché i tempi del pubblico sono troppo lunghi e il privato costa troppo. Se vogliamo davvero garantire l’universalità del diritto alla salute, investire nel pubblico, nella medicina territoriale e nella prevenzione è l’unica strada. E non si pensi che il personale, già sovraccarico, possa essere ulteriormente spremuto: i flussi di dimissioni volontarie, le ore di straordinario erogate e le giornate di ferie non fruite sono l’eloquente testimonianza di quanto pesante sia la situazione di chi lavora in sanità. È lì che bisogna investire risorse, non per continuare a finanziare il privato».