Lotta al caporalato in agricoltura, il segnale di Pordenone
Sono quasi cinquanta, tutti immigrati dal Pakistan o dall’Afghanistan, tutti hanno lavorato in nero nei campi del pordenonese. Prevalentemente nei vigneti. Due anni fa, nel 2021, si sono rivolti al sindacato, alla Flai Cgil di Pordenone, per denunciare i propri sfruttatori. Ne è nata un’inchiesta di portata e rilevanza nazionale, la principale sul caporalato nei campi per il numero di lavoratori immigrati da cui è partita la denuncia. Denuncia che ha già portato i primi frutti, in attesa del processo: i lavoratori coinvolti hanno già ottenuto o stanno per ottenere quel permesso di soggiorno per lavoro che era loro negato, assieme ai più basilari diritti, dalla loro condizione di irregolari.
Una pagina importante, sul fronte della lotta allo sfruttamento e all’illegalità, quella che è stata scritta a Pordenone, al centro ieri di un evento organizzato al teatro Arrigoni di San Vito al Tagliamento dalla Flai Cgil di Pordenone, in collaborazione con la Camera del lavoro, nella ricorrenza della Giornata internazionale del Migrante. All’evento hanno partecipato i segretari della Flai e della Cgil di Pordenone, Dina Sovran e Maurizio Marcon, Andrea Gambillara, della segreteria nazionale Flai Cgil, don Paolo Iannaccone, presidente del Centro Balducci di Udine, Alessandro Russo, ricercatore dell’Ires Fvg, il comandante provinciale della guardia di finanza, Davide Cardia, l’avvocato giuslavorista Marco Paggi, uno dei massimi esperti nazionali in materia di diritti dei migranti, che si è occupato del caso, Ivana Coloricchio, direttrice del patronato Inca di Pordenone, il sindaco di San Vito al Tagliamento Alberto Bernava.
Grande rilievo alla notizia sui media regionali (e non solo). «Il caporalato scrive sul Gazzettino Cristina Antonutti – mette radici nelle campagne friulane, tra vigneti e allevamenti di polli, sfruttando gli immigrati. A scoperchiare il fenomeno, che ha portato Pordenone in testa alle classifiche nazionali, sono stati la Flai Cgil e i Carabinieri di Pordenone. Non ci sono in Italia altre inchieste sul caporalato fondate sulle testimonianze di un numero così elevato di immigrati». A sottolineare la portata dell’inchiesta anche il segretario generale della Cgil Pordenone. «Oggi nel ricco Nordest – dichiara Maurizio Marcon, sempre sulle colonne del Gazzettino – denunciamo con forza che anche da noi esiste l’illegalità e lo sfruttamento delle persone. Il nostro progresso sociale, economico e civile ottenuto con i sacrifici di coloro che hanno percorso in passato la stessa lotta di chi arriva oggi, non ci mette al riparo dalla degenerazione dell’illegalità. Non esistono anticorpi».
I dati ufficiali dell’Istat registrano un sensibile e costante incremento dei lavoratori immigrati in agricoltura, in particolare dal Pakistan. Ma è un aumento che non basta a fotografare una realtà percepita nella quale la presenza di braccia nei campi è molto superiore rispetto a quanto dicono i dati. Non a caso, come ha spiegato Alessandro Russo dell’Ires a San Vito, nell’agricoltura regionale, rapportando i valori della produzione ai parametri Inps, emerge un deficit di 172mila giornate lavorative: una prima stima del “nero” e del sommerso, sia pure approssimativa. «O i campi si lavorano da soli – queste il sarcastico commento della segretaria generale Flai Pordenone Dina Sovran, citata ancora sul Gazzettino – o qualcosa non torna».
A rimarcare il valore anche simbolico di questa inchiesta la presenza a San Vito della Flai nazionale, che con Andrea Gambillara ricorda come la vertenza sia «frutto della collaborazione tra istituzioni, associazioni e sindacato – si legge nel pezzo del Messaggero Veneto, firmato da Massimo Pighin – e parte dalla coraggiosa denuncia dei lavoratori». La guardia, quindi, deve restare alta, perché illegalità e sommerso sono fenomeni in forte espansione. «Nel Friuli occidentale – spiega il comandante della Guardia di Finanza di Pordenone Davide Cardia, sempre sul Messaggero Veneto – registriamo un crescente ricorso alla manodopera irregolare, a dispetto di numeri che nel 2021 erano bassi. Sono quasi 230 i lavoratori in nero, oltre a 23 irregolari: due anni fa erano 21».