Sciopero, adesioni sopra le aspettative. Cgil e Uil Fvg: «la mobilitazione continua»
Un’adesione alta e «superiore alle aspettative» in molte delle principali aziende del Friuli Venezia Giulia. È il commento dei segretari regionali di Cgil e Uil dopo i primi dati sulla partecipazione allo sciopero generale di oggi, che ha interessato tutti i comparti del manifatturiero e del terziario, una settimana dopo lo stop degli uffici e dei servizi pubblici.
NELLE AZIENDE I primi dati arrivano dal manifatturiero e parlano del 50% di adesioni alla Snaidero, sede anche del presidio organizzato da Cgil e Uil della provincia di Udine, del 70% alla Calligaris, con conseguente fermo produttivo, del 60% alla Precasa, del 55% alle Giuliane 55%, tra il 30 e il 35% alla Fantoni e alla Gervasoni. Sempre in provincia di Udine altri dati arrivano dal comparto metalmeccanico, dove ha scioperato l’80% dei dipendenti alla Dl Radiators, alle prese con una delicata vertenza sugli esuberi, il 90% alla Kito chain, il 70% alla Modine e in Metinvest, il 60% nel gruppo Cividale, il 40% alla Marelli, il 30% alle Ferriere Nord e il 25 in Abs e in Freud. Nella chimica, sempre in provincia di Udine, le punte massime di adesione si registrano in Coats (100%), Elcrom (100%) e Serichim 80%, mentre Caffaro, Taghleef, Halo e Servizi Italia hanno visto assenze comprese tra il 20 e il 25%. Quanto all’industria agroalimentare, le percentuali di astensioni registrate nelle principali aziende (Birrificio San Giorgio, principe, Quality Food, Bouvard, Framon, Oleificio san Giorgio) sono comprese tra il 10 e il 20%. Di rilievo, nel settore carta, il 35% di adesioni alla Errebi e il 50% alla Pigna. Venendo alla distribuzione, le adesioni più alte a livello regionale si registrano in Coop Alleanza 3.0, dove ha scioperato il 25% dei dipendenti, per scendere al 20% nel gruppo Aspiag (Despar più appalti) e al 10% in Carrefour. In provincia di Pordenone l’adesione è stata pressoché totale nell’ambito delle linee produttive in Electrolux, Nidec e Safop, dove ha scioperato il 90-95% degli operai. Adesioni alte o altissime anche Brovedani (80%), Moro Kaiser (80%), Cimolai (75%) e Casagrande (45%). Passando a Trieste, non sorprende la partecipazione altissima (90%) tra i dipendenti Wartsila, in vista del tavolo ministeriale di giovedì prossimo, ma le adesioni sono alte (50%) anche in Ferriera. Da rimarcare la massiccia partecipazione dei dipendenti Rai (40%, saltati Buongiorno Regione e un Tg).
QUI CGIL «Le percentuali che ci arrivano dai nostri delegati – commenta il segretario generale della Cgil Fvg, Villiam Pezzetta – sono la conferma di quanto le motivazioni di questo sciopero toccassero temi profondamente sentiti dai lavoratori: il potere di acquisto dei loro salari, la battaglia per le pensioni di oggi e di domani, il sostegno ai rinnovi contrattuali, la difesa della sanità pubblica e del diritto alla salute. Questioni che la Finanziaria del Governo non affronta o affronta male, lasciando irrisolte o in certi casi aggravando le criticità. Da qui l’esigenza di proseguire con questa mobilitazione per cambiare la Finanziaria e le politiche di questo Governo, aprendo un confronto vero sui grandi temi al centro di una piattaforma che era stata presentata dall’intero sindacato confederale». Centrale, come dichiarato ieri da entrambi i segretari regionali e ribadito con forza nei presidi di oggi dai sindacati territoriali, il tema della difesa e del rilancio dell’industria, «tanto più in una regione a forte vocazione manifatturiera come il Friuli Venezia Giulia», sottolinea Pezzetta.
QUI UIL Sui contenuti e sugli errori della Finanziaria si sono incentrati gli interventi degli esponenti nazionali del sindacato saliti in regione, i segretari generali di Uiltrasporti e Uiltemp, Claudio Tarlazzi e Lucia Grossi, che hanno parlato rispettivamente a Trieste e Majano. «Continueremo a batterci – dichiara da parte sua il numero uno della Uil Fvg Matteo Zorn – per chiedere un cambiamento radicale di una manovra sbagliata e recessiva, che non dà risposte al Paese reale, che non investe sullo sviluppo, che tira via i diritti ai pensionati e ai giovani, non favorisce un miglioramento dei salari, inasprisce le condizioni di entrata pensionistica per i giovani col sistema contributivo». Sotto accusa anche «l’assenza di misure per contrastare l’aumento della precarietà e di una strategia di politica industriale degna di questo nome, capace di gestire le crisi industriali aperte, di favorire la investire sulla transizione energetica e di affrontare i problemi reali delle persone, rimettendo il lavoro in cima alle priorità del Paese».